Benedetto Croce «Siamo in una penosa situazione» «Siamo ...

Il filosofo, dopo il 18 aprile 1948, esprimeva i suoi timori per la semplificazione politica tra comunisti e anticomunisti. Il voto popolare aveva sancito il monopolio nazionale della Dc e la guida dell'opposizione al Pci, sicché la democrazia laica, che pure esprimeva ancora importanti fermenti civili, era relegata nell'ombra. L'orizzonte si presentava ancor più fosco per i condizionamenti incombenti sui due antagonisti: da una parte il partito democristiano era ipotecato dai clerico-conservatori; e dall'altra il fronte socialcomunista, presunto difensore della libertà dal clericalismo, era sponsorizzato dai sovietici. Il 1948, «annus horribilis», segnò lo spartiacque tra due stagioni della neonata Repubblica. L'alleanza antifascista era finita con la rottura dell'ultimo governo ciellenistico formato da comunisti, socialisti e democristiani. L'Assemblea costituente si era conclusa con l'approvazione della nuova Costituzione. A un mese dalle elezioni, Einaudi era stato eletto primo presidente della Repubblica al posto del capo provvisorio dello Stato De Nicola. Con il trattato di pace e l'ingresso nei consessi internazionali, l'Italia aveva superato l'isolamento della nazione sconfitta, stretta tra i vincitori antifascisti e i vinti fascisti. In Italia il duello ideologico tra "mondo libero" e "blocco sovietico" culminò nelle elezioni trasformate in un referendum tra democristiani e comunisti. (...) Così nella Guerra fredda interna restarono sacrificate le forze laiche e antitotalitarie che a fatica sopravvissero ai manicheismi dominanti. «L'imbroglio frontista: l'alleanza per la difesa della cultura» Il Fronte democratico popolare per la libertà, la pace, il lavoro, costituito per le elezioni del 1948 sotto l'effigie di Garibaldi, inglobò i socialisti di Nenni, diversi gruppi minori e alcune personalità «indipendenti» di estrazione a-comunista. A sostegno del Fronte il Pci organizzò la mobilitazione di intellettuali "democratici" intorno all'Alleanza per la difesa della cultura che avrebbe dovuto dare agli uomini di cultura la possibilità - o l'illusione - di sentirsi protagonisti di una battaglia politica generale pur operando nel proprio campo di attività. Le adesioni all'Alleanza e le candidature nel Fronte di Garibaldi furono numerose e significative, facilitate dal tono generico dell'appello che puntava il dito sulle «drammatiche condizioni in cui versano, in Italia, la cultura, l'arte e la ricerca scientifica». (...) L'iniziativa frontista non fu avallata soltanto da intellettuali vicini o militanti della sinistra marxista come Concetto Marchesi, Antonio Banfi, Emilio Sereni, Carlo Bernari, Leonida Repaci, Raffaele De Grada, Sibilla Aleramo, Sergio Solmi e Renato Guttuso, ma anche da letterati, scienziati e artisti dalla più svariata matrice ideale (...). «Il manifesto "Europa, cultura e libertà"» Il 18 aprile 1948, oltre alla mobilitazione culturale comunista, registrò anche l'avvio di una presenza organizzata degli intellettuali antitotalitari che non avevano ceduto alle tentazioni frontiste a sinistra e ai richiami dei blocchi di destra. Il loro manifesto, «Europa, cultura e libertà», ideato ai primi del 1948, esplicitava gli orientamenti di quei settori dell'intellettualità italiana che, dopo l'opposizione al fascismo, rifiutavano anche l'attrazione «democratica» del comunismo. Croce, primo firmatario, rappresentava il simbolo vivente dell'antitesi tra liberali e comunisti, così come nel 1925 con il «Manifesto degli intellettuali antifascisti» aveva guidato la nascente opposizione democratica e liberale al regime fascista. Gaetano De Sanctis, cattolico e autore della prima bozza del documento, era in rapporto con De Gasperi dopo avere fatto parte del piccolo gruppo di professori universitari che avevano rifiutato di giurare fedeltà al fascismo. Altrettanto prestigiosi erano gli altri patrocinatori: l'economista liberale Einaudi; il democratico-azionista Parri; lo scrittore socialista umanista Silone; e il patologo Pietro Rondoni, esponente cattolico del mondo scientifico. Il Manifesto degli intellettuali liberi era fondato su una visione di politica e cultura nettamente divergente dall'Alleanza per la cultura. I frontisti auspicavano un «impegno» politico diretto degli intellettuali accanto alle forze politiche «democratiche e progressiste»; i liberali e democratici propugnavano la distinzione delle sfere dell'attività umana e il rifiuto della strumentalizzazione politica della cultura. (...) Così si esprimeva tutta la polemica con i firmatari dell'appello frontista che Croce aveva definito «sciocchi e vanesi succubi dei maneggi e degli inganni politici» ed Ernesto Rossi aveva chiamato «utili idioti», con l'espressione che da allora sarebbe entrata nel lessico italiano. (...) Se i compagni di viaggio del Fronte si erano uniti sulle parole d'ordine «pace», «democrazia» e «lavoro» poste a suggello della lista di Garibaldi, al cuore del Manifesto vi era il principio della «libertà». (...) Gli intellettuali liberi e i fiancheggiatori del Fronte si distinguevano anche dal modo di intendere lo spirito cristiano ed europeo: L'Europa è stata la madre di civiltà al mondo in quanto non è stata altro che l'eroica affermazione dell'umanità come ragione, giustizia e fraternità, l'instancabile sforzo di porre la libera individualità umana non come mezzo, ma come fine. E da tale affermazione è nata la sua grande cultura, filosofia, poesia, arte e scienza, la immensa creazione delle scienze che hanno trasformato la terra. A questa Europa e alla verità che essa rappresenta l'Italia deve mantenersi fedele. Dunque, la libertà come riferimento storico e ideale sintetizzò lo spirito del Manifesto i cui principi ruotavano intorno all'indipendenza della cultura e a un'idea pacifica dell'Europa. (...) Agli intellettuali dell'Alleanza frontista rispose un gruppo significativo di intellettuali che da allora dovevano essere considerati «antitotalitari» per l'origine antifascista e anticomunista, e per la difesa della libertà e dell'indipendenza della cultura. Cominciavano a prendere reciproca consapevolezza gli intellettuali liberi che qualche anno più tardi avrebbero costituito il movimento per la Libertà della cultura.