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Addio a Stefano Rosso, poeta cantautore

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Stefano Rosso, il vero cognome era Rossi, è stato un musicista atipico, solo apparentemente semplice nelle sue strutture melodiche e poetiche, profondamente legato alla sua città, eppure apprezzato in tutto il Paese. Lo contraddistinguevano un amaro senso dell'umorismo legato ad un malinconico pessimismo. Tipico figlio della Trastevere più autentica, aveva iniziato a suonare in duo con il fratello. Claudio Baglioni, già famoso, cantò due suoi pezzi e questo lo fece conoscere nel settore. Nel 1975 la trasmissione «Alle sette della sera», con Gianni Morandi ed Elisabetta Viviani. Nel '76 il contratto con l'Rca, casa discografica di Battisti, Baglioni, Dalla, De Gregori. Il primo 45 giri è «Letto 26». Arriverà poi, nel '77, «Una storia disonesta»: singolo e album. Quella canzone, con il ritornello «che bello due amici una chitarra e uno spinello», accompagnato da una melodia da stornello romanesco, l'ha segnato per tutta la vita. E Stefano Rosso, il poeta sognatore, è diventato il «profeta dello spinello». Ma era, ed è, molto di più. Ruppe con l'Rca e, nel 1980, partecipò al Festival di Sanremo con «L'italiano». Poi il periodo di allontanamento dalle case discografiche, con il modo «industriale» di fare musica. Rosso si dedica al suo grande amore: la chitarra e suona nei club. L'ultimo ritorno al mondo del grande spettacolo con il remake di «Una storia disonesta», inciso nel 2005 insieme a Tonino Carotone e alla band ska Gli Arpioni. I funerali oggi, alle 10, nella chiesa di Santa Maria in Trastevere a Roma.

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