Quale è il tratto dell'identità italiana? Istruzione e ...
È l'Italia della cooperazione e dell'impegno per la pace che, dentro e fuori le istituzioni, parla la nostra lingua nel mondo. E che ci conferma - anche nell'agire diplomatico e dunque nella politica estera - come un interlocutore affidabile e competente. È un impasto originale della nostra cultura quotidiana - religiosa e laica - che alimenta in molti di noi una disposizione a incontrare gli altri, a lavorare con loro e ad aiutarli, senza arroganza e tra uguali. Medici e ingegneri, poliziotti e formatori, religiosi e soldati, diplomatici, donne e uomini italiani costruiscono il paradosso di un'identità italiana - che noi non riusciamo a vedere - che gli altri positivamente ci attribuiscono e che dà il meglio di sé dove il mondo è difficile e dove la dimensione del dare prevale su quella dell'avere. Centocinquanta missioni di pace, in sessant'anni di Repubblica: dalla Somalia al Pakistan, da Haiti al Ciad, dall'Afghanistan e dall'Iraq al Libano, la Palestina, dalla Moldova e dall'Ukraina al Mali. È un'identità originale anche perché si costituisce grazie a quei molti di noi che scegliendo le difficoltà e la sfida vogliono mettere alla prova il carattere ed il talento, unito ad un dna capace di sorriso, di amicizia e di quella simpatia che solo i cretini (e certo gli antipatici) pensano inutile. Penso ad esempio che il solidarismo di cui erano permeate le culture politiche della sinistra (socialisti, comunisti) ed il mondo cattolico abbia contribuito ad esprimere il tratto egualitario e la simpatia umana che contraddistinguono ancor oggi il comportamento nelle missioni italiane; allo stesso modo il nostro individualismo tradizionalista e liberista ha certamente contribuito a quella flessibilità e velocità che caratterizzano la nostra capacità di risposta all'emergenza. Ma penso anche alla cultura istituzionale e all'efficienza che emerge dalle nostre forze di polizia e di sicurezza: temprate dall'aver fronteggiato proprio in Italia organizzazioni criminali e formazioni terroristiche. Ci confermano la capacità di risposta che i nostri contingenti sanno esprimere tanto nell'uso della forza quanto in quello della comprensione e persuasione. L'impasto di questa eredità di valori, competenza ed esperienza - lontano dalla polemica politica ed ideologica interna - trova ancor meglio in Paesi lontani una sua compiuta espressione. Gli Italiani non sono dunque soltanto "brava gente". E anche se non siamo poi tutti così bravi, una straordinaria catena umana aiuta ogni giorno l'immagine del nostro Paese e contribuisce a costruire quella che in Iraq come in Senegal, in Libano come in Mozambico, in Etiopia come in Palestina, in Bolivia come in Afghanistan, nei Balcani come nel Centro America è una riconosciuta, ammirata e spesso invocata immagine italiana. Se cominciamo a riconoscerla anche noi diventerà più solida, più identità. Forse non ci vogliamo ancora così bene per celebrarla, ma gli uomini pubblici hanno il dovere di raccontarla perché anche così un Paese diventa finalmente nazione.