LE TRE SCIMMIE, di Nuri Bilge Ceylan, con Yavuz Bingöl, ...
Adesso si rifà alla favoletta giapponese delle tre scimmie che non vogliono né vedere né udire né parlare per dirci della mancanza di sincerità e di comunicazione in una modesta famiglia di Istambul, padre, madre, un figlio giovanotto: con conseguenze drammatiche. Si comincia con un incidente d'auto. Un uomo politico provoca la morte di un passante e fugge. Per evitare guai alla propria carriera, chiede al suo autista, dietro lauto compenso, di addossarsi quella colpa e di finire al posto suo in prigione. L'autista accetta (è il padre della famiglia in questione), ogni mese il politico versa ai suoi le somme pattuite ma ecco che diventa l'amante della moglie dell'altro. Presto scoperto dal figlio della coppia, pur non dicendo nulla al padre quando settimanalmente va a visitarlo in prigione. Poi però il padre torna in libertà, sospetta qualcosa, ma la vendetta arriverà da un'altra parte... Intimismo, silenzi (e non solo per la "scimmia" che si tappa la bocca), molte cose non dette, altre sorvolate con lunghe ellissi narrative. Lo stile di Nuri Bilge Ceylan. I personaggi li segue solo dall'esterno, nello stesso tempo, però, riesce ad illustrarci le loro psicologie, a volte anche con pochi tratti, sempre comunque incisivi. Le situazioni le snoda senza mai un tono drammatico troppo alto (eppure i drammi sono sempre lì che covano) e le cornici, specie in quella grigia casa in cui vivono i tre, non sono mai delineate a fondo perché, a indicarle, bastano pochi accenni, scenografici e ambientali. Mentre le immagini con cui tutto è rappresentato si affidano quasi esclusivamente alla regola dell'inquadratura fissa, senza movimenti di macchina: perché il dinamismo dell'azione, specie dal punto di vista psicologico, si svolga soprattutto al loro interno, senza mai un'increspatura; anche quando si verificano, sia pure soltanto allusi, eventi tragici. Con una lentezza di ritmi che, a tratti, rasenta quasi l'immobilità: in contrasto con le furie che squassano in segreto i protagonisti. Vi danno volto interpreti poco visti qui da noi, ma le loro facce, spesso in primo e in primissimo piano, bucano addirittura lo schermo. Quasi con violenza.