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Le fantasie apocalittiche di Schroeter

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Adesso Werner Schroeter, un regista tedesco apprezzato negli anni Settanta per un suo personalissimo cinema d'avanguardia realizzato spesso in Italia, in Austria, in Messico, negli Stati Uniti, si rivolge in Francia a questo stesso romanzo sostenuto da un noto produttore portoghese, Paulo Branco. Lo schema, come impostazione narrativa, non è molto diverso da quello pensato a suo tempo da Di Carlo: nessun riferimento a veri luoghi e citazioni solo astratte della situazione politica che pesa sull'azione. Sempre comunque un rivoluzionario che tenta di sottrarsi al crollo di un poter cui aveva inizialmente aderito con passione, sempre, attorno, controrivoluzionari, doppiogiochisti, prevaricatori che quando danno la morte a uomini e donne sembrano sospinti soprattutto dal sadismo. Per rappresentarceli, Schroeter si è affidato ad una ambientazione antinaturalistica e addirittura stilizzata, come se rifatta in palcoscenico, immergendola in un arcobaleno insistito di colori forti, spinti in più momenti fino all'eccesso. Come, del resto, tutto quello che vi si muove al centro, tra personaggi allucinati e situazioni all'estremo. Ritrovando, nella rappresentazione, molti di quegli elementi che, in passato, avevano potuto essere considerati la firma dell'autore: immagini barocche, musiche di sfondo affidate spesso a voci della lirica o a composizioni di classici. In scoperto contrasto con una recitazione, in tutti, invece aspramente realistica. Stentando molto, però, a risolvere il contrasto. Una citazione, adesso, in attesa di riparlarne da Roma, per l'unico film italiano della Settimana della Critica. Si intitola «Pranzo di Ferragosto», l'ha diretto un esordiente, Gianni Di Gregorio, con un buon passato di sceneggiatore. Lo interpreta egli stesso nella parte di un cinquantenne che, sommerso dai debiti e con una madre anziana da accudire, finisce per cedere alle pressioni di alcuni vacanzieri che, alla vigilia di Ferragosto, gli «parcheggiano» in casa delle parenti ultraottantenni. Un quartetto di vecchiette, prima bizzose e a disagio fra loro poi così contente da... pagare il loro ospite per continuare a stare insieme. Una cronaca dal vero, ma molto fine, con allusioni indirette, indicazioni sommesse di simboli, facce bene incise da interpreti tutti, donne e uomini, non professionisti. Un gioiellino per intenditori.

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