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Il '68 a Venezia, undici anni di Festival perduto

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Che senso aveva il '68 alla Mostra del Cinema? «L'intenzione dei manifestanti - spiega Antonello Sarno - era di attaccare lo Statuto della Mostra che non era mai cambiato dall'epoca fascista. Dipinsero l'atrio rosso fuoco e si risolse nella contestazione del direttore Luigi Chiarini, che si dimise, dopo 48 ore infuocate nelle quali si consumarono drammi personali e pubblici». E come raccontate l'evento? «Come negli altri miei documentari, non sono partito da nessuna tesi precostituita. Io e Steve mostriamo semplicemente le immagini e i commenti dei protagonisti. La mia impressione da giornalista della contestazione alla Mostra è che sia stata come un film di Dino Risi: è iniziata come una commedia ed è diventata sempre più una storia amara. I grandi ideali da cui è partita, man mano si sono sfarinati, fino ad ammazzare, come disse Louis Malle, per 11 anni, il festival». Chi erano i registi sessantottini? «Montalto, Lizzani, Wertmuller...Molti vennero qui ad inseguire i loro ideali, ma uno come Rossellini, portavoce del cinema moderato, non aderì alla protesta anzi, definì i colleghi "fascisti". Lattuada sostiene che proprio i "distruttori" del Festival di Venezia, poi sfilarono in smoking a Cannes». Come rileggono quei giorni i protagonisti di allora? «Gregoretti, con autoironia, ricorda Chiarini chiusi in bagno, Pontecorvo, intervistato prima della sua scomparsa, disse che Chiarini era il miglior direttore possibile. Lizzani rimise in piedi il Festival nel '79, Liliana Cavani invece evidenzia una contraddizione: i registi protestavano chiusi in albergo sul Canal Grande (non al Lido per paura) e intanto il Pci non permise loro di fare un comunicato a sostegno dell'insurrezione di Praga». Anche la partecipazione di Pasolini è ridimensionata? «Pasolini venne dipinto come il leader della contestazione ed invece, Faenza e Moscati lo ricordano come uno che subì il ricatto dall'Anac per ritirare "Teorema", il film con la Betti con cui era in concorso». Come hanno reagito i colleghi alla presentazione? «Un successo inaspettato considerato che a Venezia domina una cultura figlia del '68 - ammette Sarno - I colleghi hanno giudicato il documentario un momento di obiettività. E questo è importante».

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