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PARIGI C'è addirittura uno psichiatra specializzato per i ...

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A scatenare la patologia è una sorta di overdose d'arte, di bellezza: niente di più facile, nella Ville Lumiere, dove il bello e l'artistico si trovano a ogni angolo di strada. Anche se certi posti - il Louvre e Notre Dame, in particolare - sono più a rischio di altri. Ma le meraviglie della città, per quanto sublimi, non sono le uniche responsabili della sindrome. «Durante il colloquio con i pazienti - spiega al quotidiano "Liberation" lo psichiatra Youcef Mahmoudia, "specializzato" nella sindrome di Stendhal - vengono fuori spesso dei precedenti, dei campanelli d'allarme di cui nè il malato, nè le persone vicine si erano accorti». Come osserva Mahmoudia, la sindrome di Stendhal colpisce quindi soggetti già predisposti, psicologicamente fragili o con altri disturbi più o meno latenti. Che un evento forte - come un viaggio o la vista di un capolavoro - contribuisce a fare emergere. Deliri, allucinazioni, manie di persecuzione, vertigini, tachicardia e altro ancora: questi i sintomi della crisi di Stendhal, che il celebre romanziere francese (il cui vero nome era Henry Beyle) fu il primo a descrivere, nel 1817, nei quaderni del suo viaggio in Italia. «Ero in una sorta di estasi all'idea di essere a Firenze - si legge negli appunti dello scrittore -, assorto nella contemplazione della bellezza sublime. Uscendo dalla chiesa di Santa Croce avevo il battito del cuore accelerato, mi sentivo senza forze e camminavo col timore di cadere da un momento all'altro». Una "variazione sul tema" parigina - detta appunto "sindrome di Parigi" - spinge i malati a gettarsi nella Senna o a importunare i passanti. Ma esistono anche quella indiana, che fa perdere ogni punto di riferimento ai turisti, o quella di Gerusalemme, che colpisce non gli amanti dell'arte, ma i religiosi e i mistici. E l'elenco non finisce qui: per esempio, la nota psicanalista francese Francoise Cloarec è stata vittima della crisi di Ebla, sito archeologico in Siria. «Ho un ricordo molto preciso di quel momento, - racconta la Cloarec - stare in mezzo a quelle rovine antiche di millenni, mi ha fatto riflettere sulle grandi questioni: l'eternità, il ruolo dell'individuo in seno all'umanità. Tutto questo non può che fare vacillare. Esattamente quello che mi è successo: uno choc ancora più forte perchè completamente inaspettato». Ma, precisa la psicanalista, «non è stata una sensazione sgradevole: provavo un sentimento di pienezza, la sensazione di essere a casa mia». In poche parole: «un'illuminazione generale». Anche se forse, aggiunge, rimangiandosi tutto: «potrebbe essersi trattato di un banale colpo di sole». Di sicuro, almeno nella creatività cinematografica, non la pensava in modo così riduttivo Dario Argento, che più di dieci anni fa diresse la figlia Asia in uno dei suoi più riusciti thriller, intitolato, appunto, "La sindrome di Stendhal".

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