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Stoccolma, vecchi trucchi battono il computer

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Non si tratta solo di una prestigiosa stagione lirica estiva consacrata doverosamente all'opera settecentesca, inevitabilmente soprattutto italiana, ma soprattutto di un tuffo indietro nel tempo nel belcanto e nella stupefacente scenografia barocca. Qui difatti la natura e la semplicità nella messinscena hanno la meglio sulla tecnologia di oggi. Al posto dei computer e dei suoi effetti speciali il teatrino di seicento posti di Drottningholm propone intatte le macchinerie barocche originali, tutte rigorosamente in legno, con botole che si aprono, discese divine ex machina con carrucole e vistose corde, macchine antiche per rendere le onde marine, la pioggia o i tuoni, fondali e quinte perfettamente simmetriche cambiati a vista. Insomma tutto al naturale, mosso manualmente da una quindicina di attrezzisti nella penombra di una sala appena rischiarata da una messe di candelabri. Sulla scena cantanti ultraspecializzati a raccontarci, nel cartellone di quest'anno, le astruserie goldoniane de Il Mondo della luna con le note di Franz Joseph Haydn, i bisticci e le disavventure teatrali di cantatrici, impresari e maestri di cappella dell'Opera seria (Vienna 1769) di Florian Leopold Gassmann su testo di Calzabigi. Ma ancor più fascinoso nella sua essenzialità allestitiva era Il Ritorno di Ulisse in patria (Venezia 1642) di Monteverdi. Tutti sotto la direzione musicale di Mark Tatlow, direttore artistico del Festival gioiello svedese. Come dire che alla musica ed al belcanto è restituita la assoluta priorità e che la meraviglia della messinscena è sempre legata a scenografie dipinte sostituite in un battibaleno, senza fastidiose attese di sorta. Insomma un'emozione davvero fuori dal tempo.

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