Giuliana Lojodice: «Mi diverto a fare la cattiva in televisione»
In cinquanta minuti si concentrano brani tratti dagli spettacoli, dai film e dalle presenze sul piccolo schermo, intervallati da passaggi del privato con una lunga intervista dal vivo. Ed è proprio l'immagine di una frenetica attività vissuta insieme a tenere compagnia a Giuliana, rimasta sola dopo la scomparsa dell'amatissimo Aroldo, eppure in perenne sintonia con lui. L'attrice ha di recente abbracciato il mondo della fiction, partecipando alla produzione di Mediaset «I misteri dell'isola di Korè», girato da Ricky Tognazzi e Simona Izzo, senza ovviamente rinunciare alla passione per il palco che la vedrà nella prossima stagione in «Metamorfosi» di Kafka, riscritto e diretto da Ugo Chiti e poi nella ripresa di «Copenaghen» con Umberto Orsini e Massimo Popolizio. Cosa le piace del documentario di Anna Testa? «L'ho costruito insieme a lei affinché non sembrasse un coccodrillo, realizzato in previsione della scomparsa di un artista. Tutto è cominciato quando Aroldo c'era ancora: fin dal 2005, con cura e amore, Anna Testa ha raccolto i materiali conservati nelle teche della Rai, dedicando oltre un anno della sua vita a questo lavoro. Il risultato non è un documento di memoria, triste o commovente, bensì un incontro con l'anima di Aroldo che canta e balla, mostrando la sua simpatia sfrenata. È un prodotto anomalo: un ritratto sincero di due attori che hanno recitato in coppia per quaranta anni di vita con allegria e impegno, alla ricerca fruttuosa della qualità». Quale finalità ha sempre alimentato i vostri interessi artistici? «Abbiamo voluto essere presenti con tutti i crismi, assecondando l'urgenza di esprimerci al meglio e accettando scommesse anche dure. Ci siamo misurati con un repertorio variegato, spesso precorrendo i tempi e i gusti del pubblico, anche accogliendo il rischio di non venire compresi nell'immediato. Incoraggiarci a vicenda ci dava la forza per non desistere di fronte alle eventuali difficoltà». Come valuta il teatro di oggi? «C'è molta confusione e spesso si cerca la notorietà senza appoggiarsi a meriti reali acquisiti nel tempo. Per quanto mi riguarda seleziono soltanto progetti che rispondano alle mie esigenze profonde e in questo momento della mia vita si stanno muovendo proposte che mai avrei ipotizzato. Il Teatro Eliseo di Roma, per esempio, sta diventando per me una casa, come era stato anche per Aroldo in passato, offrendomi chance intelligenti e rigorose». Che rapporto ha con la fiction? «Di per sé pessimo, perché sono una perfezionista e invece si lavora in fretta e con un'elaborazione che mi piacerebbe più meditata. Ora però sto girando a Favignana "I misteri dell'isola di Koré" a cui Ricky Tognazzi e Simona Izzo hanno dato un'impronta cinematografica. Mi trovo a meraviglia con i colleghi Tosca d'Aquino e Toni Garrani e non potrei chiedere di più. Incarno una proprietaria di un'azienda che vive un'avventura da romanzo d'appendice. È una donna cattiva e per me rappresenta un ruolo così insolito da diventare appassionante, anche grazie a un leggero accento siciliano che mi sta stimolando». Aroldo continua a vivere in lei? «La sua assenza è una presenza costante e ossessiva. Sono molto fragile senza di lui, ma sento che c'è. Gli indiani dicono che si lascia il corpo, ma l'anima rimane per sempre con le persone più care. Di fatto io mi confronto con lui su tutto, come accadeva prima: è la mia forte e sapiente guida spirituale e intellettuale. È il motivo per cui tengo tanto a conservare viva la sua immagine. Non è una fatica, poiché nessuno l'ha dimenticato».