Una cura di speranza contro il nemico oscuro
Un testo che sembra aver inaugurato un nuovo genere letterario. Infatti è appena uscito "Cancro, non mi fai paura" (Aliberti editore), il grido di rabbia di Fabio Salvatore, attore e regista che ha scelto la scrittura come terapia per il suo dolore fisico. Due autori uniti da una malattia importante, dalla lotta tenace per combatterla, dalla immensa voglia di vivere. Divisi soltanto nel modo di raccontare la loro vittoria. Alla presentazione c'era il ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna che ha detto: «È necessario essere vicini ai malati e alle loro famiglie ed è indispensabile reintegrare pienamente nella società il malato di cancro, durante o dopo le cure oncologiche. Lo Stato deve saper dimostrare che con il cancro si può convivere in condizioni dignitose. Già qualche anno fa ho sottoscritto il "Manifesto per i diritti del malato oncologico", promosso dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori, che ha come obiettivo principale l'ampliamento e l'estensione nella contrattazione collettiva in tutti i settori e comparti pubblici e privati delle tutele per il lavoratore o la lavoratrice affetta da malattia oncologica». Anche per risolvere questa problematica i due libri sono utili. Estate '98: Fabio Salvatore si ritrova in un letto d'ospedale con un essere oscuro, quello che lui comincerà a chiamare «scarafaggio» che lo osserva e gli cammina dentro, senza affanni. Il cancro-scarafaggio gli prende le viscere, prova a togliergli il respiro, prova ad ucciderlo. Salvatore sceglie la via del dialogo e della conoscenza, decide di guardare negli occhi lo scarafaggio e urlargli: «Non mi fai paura». Oggi Fabio, dopo dieci anni di coraggio e passione racconta: «Vivendo il cancro ho conosciuto la vita. Una vita fatta di dolore, passione, gioia, lacrime, rabbia e orgoglio. E siccome racconto la vita, giro l'Italia presentando il mio libro per dare uno strumento a chi ha questo scarafaggio dentro, per spronare la gente che soffre a conoscere questa malattia e a reagire. Anche perché in Italia abbiamo un'ottima sanità, ma un difetto di comunicazione». Fabio Salvatore devolve il ricavato del suo «Cancro non mi fai paura» alla Favo, le 400 associazioni che sostengono malati e famiglie, aiutandoli a convivere e sopravvivere alla malattia, dando quel supporto psicologico necessario per metabolizzare e comprendere il significato del male e apprezzare e migliorare la qualità della vita. «Perché proprio a me?». «Quante volte mi sono sentito rivolgere, nella mia lunga vita di medico, questa domanda. Quante volte l'ho immaginata sorgere d'improvviso dentro la coscienza, come un potente colpo che ferisce l'anima; quante volte l'ho vista silenziosa, ma più penetrante di una voce urlata...». Così scrive Umberto Veronesi nella prefazione del libro di Melania Rizzoli, andato in libreria lo stesso giorno in cui l'autrice per la prima volta ha varcato la soglia di Montecitorio. «Anche a me, come medico hanno rivolto tante volte questa domanda che io stessa mi sono fatta - spiega l'autrice - serve per assorbire il colpo della diagnosi. E poi a reagire». Asciutto, sintetico, come una cartella clinica, questo libro scritto da paziente e commentato da medico non è triste, ma pieno di speranza ed invita i malati a combattere anche quando sembra che tutto sia perduto. «Ricevo decine di mail e lettere di pazienti e familiari - dice la Rizzoli che devolve il ricavato del libro all'Ail - Molti si riconoscono nel mio percorso, ma la cosa più importante è che con questo libro si parla di tumore perché non è più un tabù, perché non è più una malattia incurabile». Forte di una profonda fiducia nei progressi della ricerca e di un innato ottimismo, dopo il fallimento delle terapie classiche Melania ha intrapreso la strada del trapianto di cellule staminali, che dà risultati impensabili fino a vent'anni fa e ha cambiato il destino di alcuni tipi di tumore maligno, una volta definiti «senza speranza». La conferma dall'oncologo Francesco Cognetti: «Sono 1,6 milioni, e nel giro di pochi anni raggiungeranno i 2 milioni, gli italiani che si sono confrontati con il cancro ed hanno avuto diagnosi pregresse: ciò indica che alla malattia si sopravvive sempre di più».