Tiberia De Matteis Edoardo Vianello, il mitico ...
Canterà i brani che hanno rappresentato la concorrenza e gli sono stati spesso attribuiti, ma non appartengono al suo repertorio come "Tintarella di luna" e "Stessa spiaggia, stesso mare" in un'esibizione dal vivo, disponibile anche in Cd e in vinile. Figlio del poeta futurista Alberto e cugino dell'attore comico Raimondo, nonché zio del giornalista e conduttore televisivo Andrea, è stato esponente della Scuola Romana dei cantautori legata alla RCA di Vincenzo Micocci che si contrappose alla scuola genovese privilegiando un genere spiritoso, disimpegnato e adatto al ballo. I suoi successi erano ascoltati sulle spiagge e nelle balere attraverso i juke-box, invitando a ballare ritmi come il twist, il surf, l'hully gully e il cha cha cha. In qualità di attuale Presidente dell'Imaie non si pronuncia sulla richiesta di commissariamento dell'ente da parte di alcuni consiglieri che dovrebbe pervenire al Ministro dei Beni Culturali Bondi. «La notizia mi giunge nuova. C'è una crisi in atto nel consiglio con alcuni dimissionari e una minoranza che opta per questa soluzione. Si deciderà lunedì, ma ufficialmente non so ancora nulla». Come è cambiata la fruizione musicale dagli anni Settanta a oggi? «Una volta la musica era una merce rara: la gente la andava a cercare. Ora viene offerta in grande quantità. Il juke-box aveva il ruolo ora occupato dalla radio privata con la differenza che permetteva la scelta diretta, libera e autonoma del pubblico, senza imposizioni di altri, dettate da interessi commerciali e scopi pubblicitari». Rimpiange il clima di quel periodo? «Non sono solito nutrire nostalgie per il passato, ritengo che il presente sia altrettanto ricco di progetti, possibilità e iniziative. Mi manca, forse, la spensieratezza della giovane età, ma adesso affronto il mio lavoro con più coscienza e professionalità. Prima accoglievo tutto in modo spontaneo e subivo le decisioni esterne, ormai so quello che desidero e come realizzare le mie idee artistiche». Quali speranze intravede per la musica leggera italiana? «Credo che per farla crescere adeguatamente e come merita non bisogna fare il verso agli anglosassoni e agli americani, bensì promuovere la canzone melodica di sapore tradizionale che viene sempre ripagata dal successo estero come di recente è accaduto con Laura Pausini». C'è qualche suo brano che le è rimasto nel cuore? «Sono grato ai miei maggiori successi, ma amo i contenuti importanti di "Umilmente, chiedo perdono" che non ha avuto la giusta fortuna, forse perché ero troppo giovane e non risultavo credibile per un testo che avrebbe funzionato meglio con un cantante più maturo. Anche il Cd "Vivere insieme" con i testi di mio nipote Andrea, conduttore di "Mi manda Rai Tre", non ha avuto gli esiti degni della sua qualità. Comunque, sono soddisfatto del mio percorso e, quando ho capito il genere che piaceva alla gente, ho voluto assecondarlo». Fra gli incontri della sua carriera, chi ha contato di più? «La mia prima scrittura avvenne con la compagnia teatrale di Lionello-Volonghi-Masiero con musiche di Ennio Morricone, al suo debutto come autore: non avrei potuto aspirare a un lancio e a un confronto migliori. Poi c'è stato Carlo Rossi che ha scritto tanti miei testi e devo a Vincenzo Micocci opportunità molto significative». Cosa sogna per il suo futuro? «Mi prefiggo di allestire sempre più spesso spettacoli dal vivo in quanto ho capito che ormai lo show business funziona molto meglio della vendita dell'oggetto disco. Mi piace puntare sull'autoironia nel raccontare la mia storia musicale. Non miro a ricostruire una documentazione biografica o la vicenda editoriale della canzone che eseguo, bensì una sequenza di flash sparsi con sensazioni, ricostruzioni iperboliche e romanzate di episodi reali della vita mia e del pubblico».