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Andrea Carandini ha sicuramente ragione quando sostiene che ...

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Un esempio? A Roma, nel Vittoriano c'è un Museo del Risorgimento che è interessante, ben fatto e ben gestito ma non può destare un enorme interesse dato che noi italiani stiamo sempre più ignorando la storia della formazione del nostro Paese e la scuola non incoraggia molto in questo senso e ancor meno serve la retorica patriottica che non è condivisa a nessun livello della realtà attuale in Italia (ben diverso è il problema della coscienza civile e del rifiuto consapevole di qualunque forma di razzismo che è invece giunto mi pare a un alto livello di reale maturazione). La scuola tende a distruggere sempre più la coscienza "umanistica" delle persone dato che la cultura umanistica appare superata e disprezzata (naturalmente ben diverse sono le dichiarazioni ufficiali in materia) con la sacrosanta crescita a dismisura della cultura scientifica e tecnologica e la Storia, in sé, è la materia umanistica per eccellenza. Dunque la storia viene ignorata e un Museo storico non risulta attraente. Malgrado questo, Carandini ha ragione anzi la sua dotta argomentazione vale proprio come baluardo per la salvezza di quella formazione umanistica che per secoli è stato vanto delle nostre tradizioni. Diverso è il problema tecnico. Come si fa a fare un museo della città? (Limitiamoci a Roma). In effetti non lo sa bene neanche Carandini perché le sue proposte pratiche non sono esaurienti. Ha in mente un "museo di contesti" ma che cosa è il museo di contesti? Il contrario di quelli di collezione, spiega l'eminente studioso, ma in concreto se non ci mettiamo delle raccolte di qualche cosa, che ci mettiamo? Non i quadri, non le statue, non un vaso, una moneta, ma dei "racconti". L'idea sembra astrusa ma è buona in sé. Mettere il racconto in un museo, anzi fare il museo del racconto, è una tesi geniale ma darle corpo è difficile. Sarà anche perfetto l'edificio di via dei Cerchi ma il racconto va strutturato. Ora il punto è che Roma è un Museo in sé perché il territorio della città è un Museo in potenza. E ha ragione Carandini nell'indicare piccoli obbiettivi che possono, se ben considerati, aiutare a creare un museo sul serio. Per esempio, lo studioso nota che al Foro Romano mancano troppe delle antiche didascalie in marmo. Certo, aggiungiamo noi, oggi un sistema del genere potrebbe apparire superato ma è ancora l'unico che funziona. La realtà è che in linea di massima la gente e noi con loro non capisce niente di uno scavo archelogico. Lo scavo, infatti, è un risultato scientifico, è storia e arte insieme, testimonianza e mezzo di decifrazione. Ma parla un linguaggio che non si capisce perché l'antichità o è tutta a terra o è inglobata in edifici moderni o sta in piedi ma risulta incomprensibile per lo stato di conservazione in cui ci arriva. Chi comprende veramente, al di là della suggestione, l'Arco di Costantino o la Colonna Traiana, per citare che sembrerebbe di capire bene e in maniera immediata? Ma il museo della città è lì, vivente. Quindi bisogna fare visitare l'Antichità in modo che il romano e il turista non romano abbiano uno strumento facile che, nella città stessa, dimostri come la città davanti ai nostri occhi sia un tessuto storico e artistico interconnesso sul serio. Certo Roma non si spiega da sola e non basta rifare le didascalie ma occorre "occupare" pacificamente la città con mezzi informativi evoluti e chiaramente collegati l'uno con l'altro e con alcuni cruciali centri di raccolta di materiale e di idee come il Museo del Palatino, l'Antiquarium del Celio, il Museo Nazionale Romano a Termini con le Terme di Diocleziano, Palazzo Barberini e così via. Cosa ne deriva? Che il Museo della città non può non essere che un "sistema museale" chiaramente definito e circoscritto, fatto di percorsi e di soste. In nuce c'è già. Ma non emerge alla coscienza né dei visitatori, nè dei fruitori colti. In tal senso bisogna seguire Carandini e accogliere i suoi suggerimenti anche operativi come gli accordi tra le Soprintendenze e l'Università che sono uno strumento essenziale di crescita della cultura a Roma e ovunque.

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