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Addio al «giornalaio»

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Amato dalle casalinghe e dai pensionati, è stato anche il simbolo di una certa tv al limite del trash, quella dei dibattiti di Aboccaperta, storica trasmissione degli anni '80, alla quale molti altri programmi sono debitori anche se non dichiarati. Erano i tempi di «damme la due» urlato al cameramen e «che mortadella rigà (ragazzi, ndr.)», immortalati in una geniale parodia di Corrado Guzzanti. Al pubblico giovane oggi Funari non dice molto e i materiali condivisi su You Tube rimandano all'ultima immagine di Funari, quella in barba bianca, ormai stanco e forse improbabile profeta. Invece Funari è stato molto di più per la tv italiana, uno senza peli sulla lingua, un tribuno dominatore dello studio televisivo, un leone della diretta con il marchio riconoscibile del cabaret e quello nascosto del croupier, mestiere, mai rinnegato, di gioventù al casinò di Saint Vincent e di Hong Kong. In un ipotetico albero genealogico per famiglie eterogenee della tv, Funari sta insieme ad Adriano Celentano, Michele Santoro, Beppe Grillo, Piero Chiambretti, alle Iene, a Daniele Luttazzi ma anche a Aldo Biscardi e a Wanna Marchi. Quando si vedono in tv due o più politici che si azzuffano, non si può non pensare alle sue imperdibili tribune quotidiane su Raidue e a quella tensione da bar sport che poteva sfociare in rissa da un momento all'altro. Un suo pallino sin dagli esordi quando aveva proposto (rifiutato), alla fine degli anni '70 alla Rai il programma, Torti in faccia con persone «nemiche», tipo vigili-automobilisti, inquilini-proprietari, al confronto. Funari, tentato dalla politica (nel 2004 è stato candidato alla presidenza della Provincia di Napoli con il movimento meridionalista e federalista Magna Grecia Sud Europa e prima ancora alla carica di sindaco di Milano), dal giornalismo (l'avventura come direttore dell'Indipendente nel '94), aveva comunque nella tv il suo habitat naturale grazie a doti di comunicazione non certo comuni che lui sapeva usare fino all'estremo. La sua tv è stata il contrario dell'ecco a voi o del confronto ordinato: era piuttosto una tv caotica, vivace, ipnotica e sboccata, mix di intrattenimento e informazione più sul modello degli show dei telepredicatori americani che su quello del «bravo presentatore». Usando parole oggi di moda si potrebbe definire Funari l'inventore dell'antipolitica formato tv. Ospite di vari programmi nell'ultimo periodo, dopo un esilio in circuiti tv minori, Funari da Chiambretti, da Mentana e da Bonolis, oltre che alle Iene, aveva continuato a dire la sua sempre con grande enfasi, con gusto della provocazione, magari fumando la fatidica ultima sigaretta. «Sto morendo, ma mi auguro di poter morire con tanta serenità da poter sottrarre a mia moglie con un sorriso il dolore che le provocherò», disse nel 2005 al Senso della Vita, invitando i giovani a non fare come lui. «Ho cinque by pass, ragazzi, vi prego, non fumate. Ve lo dice uno che fuma perchè già mi sono giocato la vita». Per buona parte della vita Funari era stato uno spaccone: appartamento faraonico con vista sui Fori Romani, la Bentley come automobile, l'ostentazione di un benessere dopo origini modeste (il padre era un vetturino). Dopo 11 anni di silenzio era tornato clamorosamente nell'aprile 2007 su Raiuno con uno show del sabato sera (scritto con Diego Cugia): Apocalypse show, dedicato in parte a temi ambientalisti. Ma il grande evento era stato un flop, autocelebrazione battuta negli ascolti dalla Corrida di Gerry Scotti.

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