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A Roma c'è già una biblioteca, quella del Senato, che ...

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Nei suoi scritti e nei suoi discorsi la storia dell'Italia in Europa e dell'Europa in Italia si snodavano lungo l'arco di varie stagioni, di diversi profili, di molteplici componenti. Gli piaceva raccontare ma anche ascoltare, spiegare ma anche scoprire, senza mai credere che si potesse fissare un confine fra l'eresia e l'ortodossia. In questi giorni un libro soprattutto lo avrebbe attratto, quello di Marella Caracciolo Chia ("Una parentesi luminosa. L'amore segreto fra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna", Adelphi, aprile 2008). Ne avrebbe ricavato prima un elzeviro, poi un saggio su qualche rivista (magari proprio sulla sua amatissima "Nuova Antologia"), quindi un capitolo di quei suoi libri sul mondo di ieri, motivati e pensati partendo dall'Italia di oggi. Lo avrebbe incuriosito il personaggio di Leone Caetani e quel motto "non confonditur", incastonato nei gioielli di famiglia, inciso sugli stemmi sopra i portali di ville e castelli dei Caetani. Studioso di prestigio, orientalista illustre, il principe Leone Caetani era stato eletto alla Camera nel 1909 nella lista del partito democratico costituzionale ed aveva preso posto sui banchi della sinistra moderata. Poi nel 1911, suscitando scandalo, si era allineato alla sinistra meno moderata contro l'annessione della Libia. Fu tacciato di tradimento, fu bersaglio di una violenta campagna denigratoria, si insinuò che i suoi saggi li avessero scritti i suoi assistenti. Alle elezione del 1913 non fu eletto, la sua vicenda familiare si smarrì, l'ansia di riscatto lo portò lontano, morì nel '35 in Canada, quando il fascismo gli aveva da poco negato la cittadinanza italiana. L'onore glielo avrebbe restituito proprio un suo assistente. «Si sarebbe detto - scriverà Giorgio Levi Della Vida nel suo ritratto del maestro - che i Caetani del ventesimo secolo serbassero qualcosa della rude indipendenza di una gente tenutasi a lungo appartata dal servir delle misere corti». Nessuno più e meglio di Spadolini conosceva passioni e malinconie di certa aristocrazia romana, di certa irriducibile timidezza, di certa vocazione al non confonditur, di certe lacerazioni tra cultura e politica. Sarebbe stato sulla toponomastica il miglior consigliere del Sindaco di Roma. A titolo gratuito, ovviamente, perché di quel borghese risorgimentale Roma era la patria del cuore. Come per Cavour, come per Manzoni. *Senatore Pdl

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