Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

«Per prendersi una vita» l'esordio di Max Pezzali nella narrativa giovanile

default_image

  • a
  • a
  • a

E mentre si impegna nel "Max Pezzali Live 2008", che è uscito anche in forma di Cd con Dvd allegato, progetta un futuro artistico sempre più linea con la sua armonia interiore non escludendo altre eventuali incursioni nella letteratura. Come è nata la voglia di dedicarsi alla narrativa? «Volevo celebrare la morte di Joe Strummer, il mio mito da ragazzino: si è spento a cinquant'anni nella sua casa per cardiopatia congenita dopo una passeggiata con il cane. In un'epoca in cui la droga e i comportamenti estremi sono ormai alla portata di tutti, il suo vero anticonformismo era nella normalità». Cosa succede in «Per prendersi una vita»? «Quattro ragazzi partono in auto nel 1988 per un viaggio che li condurrà al concerto del loro idolo musicale: bugie e verità nascoste li coinvolgeranno in un fatto di sangue. Dopo vent'anni il medesimo percorso sarà l'unico modo per affrancarsi da quella angosciosa eredità». Quanto c'è di lei nei personaggi? «Conosco il loro mondo: sono miei coetanei e mi hanno offerto un'autoanalisi gratuita, anzi retribuita. Ho guardato dentro me stesso e ho diviso la mia personalità in quattro caratteri principali, tentando di risolvere i miei conflitti. Ho capito molto di me. L'io narrante è un giornalista col pallino della scrittura, è prudente e mediatore. Ci sono poi un pilota di aerei, istintivo e avventuroso, un programmatore di un'azienda di software che si aggrappa alla precisione matematica e infine un musicista che tende a vedere tutto bianco o tutto nero senza accettare compromessi». Per scrivere rinuncerebbe alla musica? «Amo il mio mestiere e ogni giorno ringrazio Dio per avermelo donato in tempi così difficili. Se nel passato ho raccontato quello che mi accadeva intorno per poi rivelare di più ciò che apparteneva al mio privato, ora mi piacerebbe arrivare a una sintesi fra queste due dimensioni. Non si può esprimere se stessi senza tenere conto delle circostanze collettive. Mi considero solo prestato alla narrativa: una canzone è un racconto breve da esaurire in poche parole, un romanzo ti obbliga a partire da un fatto trasformandolo in un discorso ampio, fluido e armonico. L'approccio mentale è più impegnativo».

Dai blog