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Addio Ramondino scrittrice della Napoli più vera

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Echi e tracce di quelle lingue e quelle culture sono passate nei suoi libri, a cominciare dal primo romanzo, "Althenopis", uscito nel 1981 e subito vincitore del Premio Napoli, in cui la sua città usciva raccontata da un punto di vista personale, particolare. Una Napoli quindi visionaria e reale che diventa esemplare del sud del mondo e metafora esistenziale vitale e malinconica, aperta alla speranza anche quando può apparire più rassegnata o, per lo meno, pronta a accettare quanto è perduto, come nell'ultimo romanzo libro, appena uscito, "La via". «Una scrittrice importante e da scoprire e valutare nella sua complessità di autrice di libri difficili da definire, nè romanzi, nè saggi, nè riflessioni, ma tutto questo assieme - ha detto Mario Martone che, dopo averla voluta con se nel 1992, per scrive il film "Morte di una matematico napoletano", ne era diventato grande amico -. La sua Napoli è una città estranea a qualsiasi delle retoriche possibili, una Napoli capitale e naturalmente europea, città grande e perduta assieme». Insomma scrittrice particolare e antitradizionale per formazione e natura, quindi, che assieme rompe e rinnova la tradizione letteraria di Rea, della Ortese, di Compagnone, di Pomilio e, per certi versi, è punto di riferimento per i nuovi autori, da De Silva e Pascale sino a Saviano.

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