Claudia Koll: "Nel risveglio della fede ho mutato anche la mia carriera"
Quando ha scoperto che voleva fare l'attrice? «A 5 anni. Avevo una nonna, tanto amata, che era cieca. Tutte le sere, le facevo compagnia davanti alla tv, e le raccontavo quello che succedeva nelle trasmissioni: gli show, le commedie, i telegiornali, persino i caroselli. Lei era tanto contenta, e io mi sentivo utile e felice. Sebbene fossi tanto piccola, capivo che nel recitare poteva esserci qualcosa di buono e positivo, legato all'umanità e alla comunicazione». Ha frequentato l'Accademia? «No. Ho seguito vari corsi privati, come la scuola americana di Strasberg che però considero un po' dura e impietosa. Si basa su metodi legati all'immedesimazione emozionale e a qualcosa che si avvicina alla psicoanalisi: ma non in tutti i casi sono positivi. Ci sono giovani fragili che possono soffrire con questi metodi, non adatti a tutti. Poi ho seguito altri corsi, e in particolare quelli di una grande maestra, Rita di Lernia, che ho voluto qui, come insegnante della "Star Rose Academy"». A cosa è dovuta la sua trasformazione artistica? «Sono sempre stata convinta che dove c'è vera arte, c'è amore. E l'amore è l'elemento portante per la crescita umana dell'uomo, è la vera spinta che permette di andare avanti, di migliorarsi, di vivere bene con se stessi e con gli altri. E può essere un'arma per vincere tanti mali dell'animo umano, e aiutare la nostra gioventù a crescere nei veri valori che contano». Cosa consiglia ai giovani attori? «lo studio. Non esiste un vero successo duraturo senza impegno, sacrificio, studio. Molte nostre scuole trascurano per esempio la danza, il canto, che in Usa considerano fondamentali. Ma ciò che alla fine determina la differenza fra un grande attore e uno mediocre, è "l'umanità": coraggio, responsabilità, umiltà, è parte dalla conoscenza di sé e dall'accettazione dei propri limiti, nella consapevolezza di poter andare avanti e, per chi ha fede, con la forza e l'aiuto di un Dio che ci ama come un padre». Quanto è importante avere fede? «Per me è fondamentale. L'incontro con Dio ti cambia la vita: per me è stato così. È come un improvviso risveglio: guardi tutto con occhi nuovi e hai un cuore diverso. Mi sono, per esempio, resa conto dell'insicurezza che avevo, di ciò che mi faceva scegliere determinati atteggiamenti e, nella vita professionale, determinate parti che erano una specie di schermo: una maschera che imprigionava la mia vera natura. Ecco, una chiave di lettura di questo è proprio il significato di "essere". Essere se stessi, semplicemente, senza falsi miti e false infrastrutture che ci imprigionano l'anima. Nel Vangelo è scritto: "La verità vi farà liberi"». Lei è impegnata in varie attività di volontoriato, anche in Africa. «Sì, con l'associazione "Le opere del Padre" sto seguendo un progetto per la costruzione di una casa di accoglienza, per i diversamente abili del Burundi. Il paese è reduce da una guerra che ha distrutto generazioni e lasciato tanti mutilati che vivono ammassati in un'unica casa a Ngozi. Non abbiamo grandi aiuti, ma tanti volontari lavorano con noi». Ha dei progetti artistici? «Tornerò presto in teatro. Arte e umanità camminano insieme. E la vera arte aiuta gli uomini a vivere. Lo affermava anche papa Giovanni Paolo II, che amava il teatro, come è evidente dalla sua bellissima "Lettera agli artisti", che non tutti conoscono».