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SAVAGE GRACE, di Tom Kalin, con Julianne Moore, Stephen ...

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La protagonista è una bella donna di origini modeste, Barbara, che è riuscita a sposare un miliardario di New York al cui ambiente raffinato cerca invano di adeguarsi con modi in precario equilibrio fra lo snobismo e la goffaggine. Si comincia nel '46 e si finisce nel '72, più spesso lontano dagli Stati Uniti, in Spagna e in Francia, perché i due coniugi, non avendo niente da fare, finiscono per consumare la loro esistenza tra feste, vacanze e frequentazioni, un po' dovunque, di personaggi di prestigio. Ma in mezzo c'è un figlio, Tony, che dopo averlo incontrato in culla, lo seguiamo via via in tutte le sue vicende adolescenziali presto segnate da una omosessualità per nulla latente. Barbara, che ha finito per restare sola con lui, perché il marito, pur continuando a mantenerla lussuosamente, ha pensato bene di prenderne le distanze, sulle prime non contrasta le sue inclinazioni, arrivando persino a scambiarsi i reciproci amanti, poi però ritiene che sia venuto il momento di insegnargli ad amare le donne e, per farlo, non esita addirittura ad avere un rapporto erotico con lui. Esasperandolo a tal segno che gli vedrà afferrare un coltello finendo per esserne uccisa... Proprio un pasticcio, con accenti, appunto, in parte ripresi dai melodrammi. Ne è responsabile un regista esordiente, Tom Kalin, noto finora solo per un cortometraggio, «Swoon», su due omosessuali che uccidevano un ragazzo... per gioco. Qui ha fatto turismo, seguendo il vagabondare dei tre in varie località di vacanza (quasi sempre in interni, tuttavia), là ha messo in moto alla brava la girandola dei sentimenti, repressi e no, infarcendoli, senza molto ritegno, di note erotiche culminate con quella pagina conclusiva dell'incesto che più è fastidiosa e più rasenta il ridicolo. Ai limiti dell'insensato. Si è purtroppo lasciata coinvolgere in queste irritanti aberrazioni un'attrice come Julianne Moore che, pur non priva di talento (e anche di carismi), domina a stento le provocazioni grossolane di cui l'hanno voluto portatrice. Il figlio è quel Eddie Redmayne che si era già proposto come figlio di Matt Demon in «The Good Shephrerd». Qui è solo lentiggini.

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