Il cinema sardo tra poesia e realismo
Oggi è la prima di Enrico Pitzianti, fino a qualche tempo fa apprezzato e premiato documentarista. In un certo senso anche questo "Tutto torna" è un documentario, però, oltre che di ambienti, di persone edificate fino al rango di personaggi. Al centro, anche in veste di filo conduttore, c'è un ragazzo sui vent'anni, Massimo, che lascia il paesino in cui è nato per trasferirsi a Cagliari in casa di uno zio gestore di un locale. Ufficialmente deve dargli una mano nel suo lavoro, lui, però, avrebbe ben altre aspirazioni perché desidera ansiosamente di diventare scrittore tanto che, armato di un computer, nei ritagli di tempo sta buttando giù lo schema di un romanzo. Attorno, varia gente, varie situazioni, perché Cagliari è diventata una città multietnica e vi si possono incontrare persone arrivate spesso da lontano, specialmente dall'Africa e, in mezzo, ci si può anche imbattere in artisti che riescono a lavorare con successo servendosi solo di materiali riciclati (da cui il "Tutto torna" del titolo). Però in quel quadro ci sono anche molti chiaroscuri, se non addirittura delle ombre, e Massimo finisce per dovervi far fronte con tal fatica da patire presto una delusione dietro l'altra. Fino a prendere una decisione che sembrerebbe tagliargli tutte le strade (e le sue aspirazioni), quella di tornare a casa, al suo paese. Certamente maturato, perché di esperienze ne ha fatte, anche se molte sono state negative, ma forse rinchiudendosi per sempre in sé stesso. Pitzianti ha seguito il suo protagonista passo passo, delineandone con finezza la psicologia e via via tutte le reazioni ma, appunto, è riuscito a documentargli attorno anche l'ambiente che lo accoglieva o lo respingeva, facendo il punto con molta sensibilità e, spesso, con realismo duro, sui nuovi moduli di un certo vivere sociale oggi in quella Sardegna che, superato ogni folclore , le sue città ormai le propongono in modo non dissimile da come si propongono in Occidente tutte le altre grandi città: con le loro contraddizioni, i loro contrasti, le voci ormai sempre più disparate e differenziate di quanti le popolano. In cifre in cui si impongono sempre immagini forti e ritmi decisi. Pronti a mostrare senza dimostrare. Gli interpreti, molto solidi, hanno quasi tutti serie carriere teatrali alle spalle. Come il protagonista, Antonio Careddu, una faccia che si addice anche al cinema.