TROPA DE ELITE, di José Padilha, con Wagner Moura, Calo ...
L'occasione, nel '97, è l'attesa di una visita che Giovanni Paolo II dovrebbe compiere a Rio de Janeiro. Si sa che scenderà all'Arcivescovado che però confina con una delle più turbolente favelas, dominio incontrastato della criminalità e dei narcotrafficanti. Così la polizia si accinge a rimediare, anche con brutalità. Non solo la polizia normale, ma un corpo specializzato che, addestrato alla guerra sulle strade, è solito non guardare in faccia a nessuno, neanche agli altri poliziotti in mezzo ai quali vige quasi soltanto la corruzione, gli accordi sottobanco con i criminali, le vendite a caro prezzo di protezioni accordate solo a chi le paga. Due linee narrative. Da una parte, appunto, quella che descrive, senza mai mezzi termini, la corruzione della polizia normale. In parallelo con un ritratto truce e spietato delle bande dei narcotrafficanti cui raramente ci si oppone, perché coinvolti nelle stesse gesta delittuose. Da un'altra l'accento su quella "tropa de elite" del titolo il cui addestramento, quando ci si sofferma a descriverlo, è perfino - più duro di quello dei Marines americani almeno come risultava in un celebre episodio di François Reichenbach in un film collettivo dei Sessanta, "Il fiore e la violenza". Lì in mezzo la corruzione è minore ma i modi sono spesso violenti fino all'efferato. Li coltiva senza remore anche il comandante del gruppo che però, sapendo che la moglie sta per farlo diventare padre, medita di ritirarsi a vita privata, non prima, tuttavia, di essersi scelto un successore del suo stesso stampo. Lo troverà e saprà come insegnargli a spargere sangue a freddo... Un quadro con accenti quasi apocalittici. Ce lo propone un regista, José Padilha, che, appunto, portando fino alle più estreme conseguenze la lezione del vecchio "cinema novo", con la macchina a mano, il ricorso al digitale, un montaggio che suscita ritmi con cui quasi il respiro si inceppa, non molla la presa finché non è arrivato fino in fondo a quell'inferno cui si è impegnato di dar volto. In una assenza quasi totale dei cosiddetti "buoni", con un atteggiamento gelido, anche nei momenti di maggior spasimo, che tende a non giudicare mai nessuno, limitandosi più che a raccontare a mostrare. All'insegna dell'orrore.