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Antonello Sarno Con Fiorello, di solito, comunico via sms. ...

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Appena pochi minuti per controllare le chiamate e rifarsi vivo, attraverso messaggini o, più raramente, in voce. E così, questo pezzo serve anche per dirgli quello che penso di lui e del suo straordinario successo multimediale che ormai va al di là di ogni scaramanzia (magari si starà toccando "Minchia, questo..!" Legittimo). Bene, dico subito che il successo di Fiorello è strameritato perché si basa su una legge semplice quanto difficile da rispettare. Avere sempre il coraggio di cambiare divertendosi, di giocarsi continuamente il tutto per tutto ricordando bene che se non ti diverti te, ancor meno lo farà chi ti guarda o ti ascolta. Può sembrare evidente, e invece no. Se uno azzecca un'idea, in tv o in radio, di solito succede che o ci si siede sopra finchè non lo buttano fuori per esaurimento. Oppure, lo buttano fuori proprio perché rifiuta di ripetersi all'infinito. A Fiore no. Da quando ha capito la regola, la applica in modo implacabile. Radio e tv? Sì, ma solo come e quando lo dice lui. Senza banalità, senza prosopopea, senza tuttologismi né "discorsi da autobus", come diceva Nanni Moretti. Altrimenti niente, ciao e trovatevene un altro. Che gli vuoi dire a uno così? Bravo! Un paio d'anni fa, in una lunga intervista per "Lucignolo" (12 minuti andati in onda senza tagli, incredibile!) fu lui stesso a dirmelo con grande lucidità: "Io potrei smettere anche ora. Quello che volevo, l'ho fatto. Sono tranquillo perché so che dopo questi anni pazzeschi, nessuno potrà mai farmi fare qualcosa di cui non sono davvero convinto". Vero. Una riprova "pubblica" l'avevamo già avuta alla Mostra di Venezia nel 2002, quando Fiore era sbarcato al Lido accolto come e più di una star di Hollywood nell'inedito ruolo di doppiatore -assieme a Dario Fo- del cartoon "Johann Padan", il film di chiusura del Festival (il successo, come voce cinematografica, sarebbe arrivato di lì a poco col gatto "Garfield" seguito da "La marcia dei pinguini"). Direttamente dal motoscafo, Fiorello entra in un'affollatissima conferenza stampa dove, per sciogliere il ghiaccio, dice com'è naturale un paio di battute delle sue. Ricordo che doveva essere anche un po' emozionato, Venezia può fare quest'effetto, ma quando una ingessatissima moderatrice lo rimprovera di essere "più serio, perché il cinema è arte ecc ecc" Fiore sbotta. E fa bene. "Ecco, guardi - ribatte Fiore - se cominciamo a parlare di un film non come una forma innanzitutto di divertimento, per chi lo fa e per chi va a vederlo, allora le dico che è proprio questo modo di fare così serioso di parlarsi addosso che allontana la gente dal cinema e da chi lo fa!". Con quelle parole Fiore rappresentava il pubblico, quello dei grandi numeri, di cui lui conosce a fondo ogni singolo componente, avendoli incontrati in piazza, nei lunghi anni del karaoke. Capodanno 1994, Forum di Assago, una specie di hangar sulla tangenziale di Milano, davanti a 20-30mila ragazzi scatenati. Sul palco, Fiorello-ancora-codino è il capogruppo di una band composta da Jovanotti, Max Pezzali, Luca Laurenti, Amadeus, Claudio Cecchetto e qualche altro big che non mi ricordo. La folla, impazzita, comincia a tirare i torroncini da fondo sala. La violenza con cui arrivano è tale che lasciano il bernoccolo anche a me, che ero col mio cameraman per l'esclusiva di Italia Uno sulla serata. Sembra quasi che stia per mettersi male, dopo due appelli inascoltati allo stop, finchè Fiore ha la trovata "da uno del pubblico". Va sul proscenio, praticamente in bocca ai ragazzi, e fa uno spogliarello. VERO! Tutto giù, fino agli slip (l'unico indumento che non cadde). Dopodichè silenzio in sala e poi di nuovo il delirio, ma la pioggia di torroncini-sassi era finita, dopo uno che gli aveva mancato l'occhio di un soffio. "Fiore, qual è la cosa che ti piace meno, anzi che detesti, del tuo lavoro?" gli ho chiesto una volta. "Mi angoscia tutto ciò che bisogna fare per mantenere il successo, sapendo che questo ti provoca nemici, antipatie, cose da cui difenderti". L'anno della svolta è stato il 2000. Dopo aver rifatto la gavetta con lo sfortunato "Superboll", e, al fianco di Costanzo, Laurenti e Barale nella prima "Buona Domenica", Fiore si riaffaccia in radio. Per la precisione, su Radio 2, dove il suo ex-socio Marco Baldini conduce un programma estivo, al mattino. Dapprima Fiore si collega solo con una telefonata o due, un po' incerto di rifare una formula che aveva già dato il suo massimo una decina d'anni prima, nella leggendaria "W Radio DeeJay" di Claudio Cecchetto. Poi, proprio con Nanni Moretti e Ignazio La Russa, partono le sue voci che lo risintonizzano col pubblico. "Ma davvero secondo te funzionano?" mi chiese, durante un'intervista, sul tetto di un hotel di Riccione. Per confermarglielo, gli indicai il mio operatore, che stava ridendo alle lacrime quasi senza riuscire a tenere in spalla la telecamera. Poi, a parti invertite, prova sul palco "Susanna", dedicandolo alla donna che dal 2003 è sua moglie, mentre lei, intenerita, lo guarda (è un puntino all'orizzonte, ma se sei innamorato fa lo stesso) da quella stessa terrazza. Da allora, Fiore è diventato il Re Mida dello showbiz, uno che trasforma in oro ciò che tocca. Persino la pubblicità! Con gli sketch scritti dai suoi autori e controllata personalmente da lui. E se ci riesce, è perché il colore e il sapore dell'oro finto, quello che sotto nasconde il ferrovecchio, lo ha conosciuto benissimo. Dite una balla a Fiore, e avete chiuso. Cambiare sempre va bene, ma con gli amici no. Quelli non si cambiano. Scommettere sempre, e va bene anche questo, ma su se stesso. È un buon modo per vincere. E a guardar bene dalle scommesse vinte, il vero giocatore del gruppo non è solo Baldini. È Rosario.

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