Dina D'Isa d.disa@iltempo.it Dopo aver finito il ...
L'evento, considerato l'oscar dei migliori doppiatori italiani, si sta svolgendo a Roma e si chiuderà il 4 giugno con la serata della premiazione all'Auditorium della Conciliazione, dove sarà ospite d'onore Vanessa Redgrave. Lavia, crede che la tradizione italiana del doppiaggio sia legata al Neorealismo? «Sì, il doppiaggio è nato proprio in quel periodo, quando venivano scelti dai registi del Neorealismo personaggi di strada, adatti a recitare dal punto di vista fisico ma carenti sotto l'aspetto della comunicazione orale. Ibrido per definizione, il doppiatore usa la voce per i corpi di altri. L'italiano, d'altra parte, è una lingua scritta più che parlata a differenza dell'inglese: è un'aberrazione, ma è così per ragioni storiche e oggi l'italiano oltre a me, lo parla solo qualche vecchio doppiatore o qualche vecchio annunciatore». Mai come quest'anno il teatro ha avuto tanti numerosi spettatori, come lo spiega? «Il teatro oggi ha un pubblico soprattutto femminile e formato da signore di una certa età. Gli uomini e i ragazzi vanno poco e saltuariamente a teatro, purtroppo. Ho due figlie giovani e mi rendo conto quanto i ragazzi siano lontani da certe realtà». Però suo figlio Lorenzo sta seguendo le sue orme artistiche. «Sì, è vero, è un bravo attore in cinema e in teatro». Anche l'interesse della televisione verso il teatro, grazie a programmi come "Palcoscenico" su Raidue, sembra di nuovo riaccendersi. «Perché fosse davvero seguito in tv, il teatro dovrebbe andare in onda in fasce orarie diverse, non a tarda notte, ma al mattino o nel primo pomeriggio. Se si volesse davvero trasmettere il teatro in tv, dovrebbero far vedere gli spettacoli teatrali al posto delle fiction e delle soap senza qualità. Il teatro è la cosa più importante inventata dall'Uomo, se non ci fosse questa struttura non si potrebbe fare nulla al mondo. Il nostro Paese vive un allarme culturale di cui i politici oggi non si accorgono. Ma tra 20 o 30 anni questo allarme si trasformerà in una vera tragedia culturale e la tv, comunicando alle masse, è la principale artefice di questa realtà: la gente ha un livello di ignoranza abissale e ciò che guarda in tv ripete nella vita. Il futuro con Internet sarà ancora peggiore». Lei ha realizzato molte opere cinematografiche di qualità che, riproposte in tv, puntualmente raccolgono sempre alti ascolti: perchè da qualche anno ha tralasciato il cinema? «Io continuo a scrivere sceneggiature ma alla fine non piacciono e lo so già quando le sto scrivendo. Il progetto cinematografico "Liolà", per esempio, non è nato sotto una buona stella. Evidentemente, la mia formazione è lontana da questo momento culturale che anima il cinema. Ma mai dire mai». Intanto per il grande schermo fa l'attore sul set di "Baarìa" di Giuseppe Tornatore. «Sì, ma è soprattutto un gesto d'affetto e d'amicizia tra me e Tornatore: quando ho tempo vado a Tunisi e recito qualche scena, nelle vesti di un professore che fa gli esami a un ragazzo. Tutto qui». Quali saranno i suoi prossimi progetti? «A giugno inizierò le prove per l'opera lirica "The servant" tratta dall'omonimo romanzo di Robin Maugham, da cui era già stato tratto un film nel 1963 diretto da Joseph Losey. Mentre ad agosto, nell'ambito del festival verdiano debutterò alla regia della "Giovanna d'Arco" di Giuseppe Verdi, con il compositore Marco Tutino».