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Violenza e orrori

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narrati con decisione

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Oggi Matteo Garrone vi si è rivolto per un film, dopo i successi de "L'imbalsamatore" e di "Primo Amore", e ne ha ricavato cinque storie, tutte autentiche, ma pur ambientandole sui luoghi stessi dove si erano verificate, fra Scampia, il casertano, Castel Volturno, non ne cita esplicitamente nessuno, quasi a voler indicare, con durissima denuncia, l'ubiquità e addirittura l'universalità di quel Male rappresentato da anni dal sistema. E questo anche se tutti i suoi personaggi parlano un napoletano così stretto -di città, di provincia, di paese- da aver bisogno dei sottotitoli per essere del tutto inteso. Cinque personaggi fatti emergere dal coro: un losco organizzatore di discariche abusive pronte ad accogliere a caro prezzo i rifiuti tossici di mezza Europa. Un sarto che lavorando in nero serve l'alta moda pur commettendo l'errore, agli occhi del crimine organizzato, di mettere a un certo punto le sue doti in grande segretezza anche a servizio di una banda di clandestini cinesi. Un esattore incaricato di versare sussidi alle famiglie dei detenuti affiliati al sistema. Due giovanissimi balordi che, presi in mezzo alle guerre dei clan, pensano incautamente di poter agire per conto proprio. Infine un bambinetto che, coinvolto anch'esso in queste guerre, dovrà alla fine decidere da che parte stare. Scegliendo la più truce. Violenze, orrori, sangue. Garrone li ha rappresentati in cifre buie, tutti da vero, alternando con grande abilità le varie storie fra loro, affidate tutte ad un identico clima: il cinismo, la mancanza di pietà, la rinuncia, per precisi interessi, a considerare un solo istante le conseguenze spesso atroci dei propri gesti. Concedendosi un unico spiraglio: il pentimento di un giovane che, per un certo periodo, aveva coadiuvato l'operato infame dell'organizzatore di discariche abusive. Figure scolpite nella pietra, situazioni svolte con durezza estrema e, nello stesso tempo, con un realismo che sembra coglierle lì, al momento, mentre si svolgono di fronte alla macchina da presa. Ritmi serrati, pronti però anche a distendersi quando la denuncia richiede soste e spiegazioni. Sempre all'insegna del nero. Gli interpreti sono o esordienti o attori poco noti. In mezzo Toni Servillo, nel cinismo di ghiaccio del gestore di rifiuti tossici.

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