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IN BRUGES, di Martin McDonagh, con Collin Farrell, Brendan ...

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Oggi, invece, a cominciare dal titolo, è al centro dal principio alla fine di questo film inglese del quasi esordiente Martin McDonagh interpretato da due irlandesi già piuttosto noti, Colin Farrell e Brendan Gleeson, che vestono i panni di due assassini a pagamento, Ray e Ken. Il primo, mentre insieme portavano a termine a Londra una truce impresa affidata loro da un temibile boss, ha ucciso per errore un bambino e così, nel tentativo di mettere a tacere la cosa, il boss li ha mandati entrambi a Bruges fidando nei silenzi e nel riserbo di quella tranquilla cittadina belga e dando loro un ordine preciso: state lì, fate i turisti, atteggiatevi a persone normali e aspettate ordini. I due eseguono. Ray, però, angustiato e tormentato da quell'errore, non tanto per le conseguenze, ma perché quell'uccisione di un innocente lo dilania con un continuo rimorso. Questo, tuttavia, non gli impedisce, a un certo momento, di frequentare abbastanza intensamente una ragazza del luogo, mentre il suo compare passa il tempo metà bevendo birra, metà visitando chiese e musei, dove scopre, naturalmente, un dipinto terrificante di Hieronymus Bosch. È proprio lui, però, a ricevere da Londra gli ordini del boss: l'incarico -deciso- è di uccidere l'altro perché quell'errore, pur involontario, va punito. Anche la mala ha le sue regole. Seguiranno cose più angoscianti di quelle che si potevano vedere nel dipinto di Bosch, non a caso citato. Una storia nera, ma anche un disegno attento del rapporto fra i due sicari, cameratesco, amichevole, alla fine anche solidale. Con il rimorso di uno dei due fatto in più punti filtrare tra le pieghe dell'azione. Fino a quella conclusione che, con l'arrivo del boss da Londra per accertarsi che le sue disposizioni siano state eseguite, si impenna in modo addirittura tragico, mentre attorno una Bruges invernale e natalizia fa da cornice apparentemente impassibile ma spesso minacciosa e plumbea. Con tutti i più meditati riferimenti ai suoi climi gotici, architettonici ma, a ben intendere, anche morali. Il trio, in mezzo, dispiega tutte le sue energie migliori. Colin Ferrell disegna con i giusti turbamenti i rimorsi e il perpetuo sconcerto di Ray. Molto più pacato, al suo fianco Brendan Gleeson, anche fisicamente, con la sua corporatura massiccia, tende a indicarci la comprensione e l'equilibrio. Ralph Fiennes, il boss, è gelido come un serpente. Come se, appunto, a immaginarlo fosse stato Bosch.

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