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Tony Renis, il divo dei due mondi

Tony Renis e Frank Sinatra

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In Germania è una specie di inno nazionale: sono 46 anni che è al primo, al secondo, massimo al terzo posto tra i più grandi successi internazionali. E, nelle più di mille versioni che ha conosciuto, caso unico, le è sempre stato lasciato il titolo originale, che è conosciuto a livello planetario. Eppure è una canzone all'insegna della semplicità. Una canzone d'amore che ha la particolarità di non essere uno slow, è invece ben ritmata. Per me è quello che "My way" è per Sinatra, ogni artista ha un motivo che lo contraddistingue, ognuno di noi ha il suo marchio». Quando e perché la scrisse? «Era il '61, ero stato un bambino prodigio, ma avevo bisogno di soldi, pensavo di risolvere la mia vita andando a fare l'impiegato. Andai con questa canzone da Mogol, suo papà era alla Ricordi. Disse che avrebbe mandato la canzone alla "Commissione scelta" di Sanremo. Il resto è storia». Dei tanti grandi divi con i quali ha lavorato qual è l'artista che sente più vicino? «Tra i tanti che ricordo, a livello internazionale, ci sono Sinatra, Julio Iglesias, Lionel Richie, ho conosciuto attori, registi, produttori. Ma il genio, con il quale ho vissuto momenti indimenticabili, è Adriano Celentano. Io ho avuto il privilegio di accorgermi che aveva doti straordinarie per primo. Lui, allora, faceva l'orologiaio. Abbiamo iniziato con l'avanspettacolo: facevamo la parodia di Dean Martin e Jerry Lewis. Il nostro cavallo di battaglia, alla fine dell'esibizione era "Rock Around the Clock". Lui, Adriano, ha saputo dare una continuità al suo genio, al suo estro. Io, invece, sono trent'anni che non canto o faccio un disco. Non saprei dire perché è accaduto, ho fatto come Gioacchino Rossini, il grandissimo autore del "Barbiere di Siviglia", che si è ritirato presto dalle scene». Ma lei, oggi, si sente più cantante, attore, produttore? «In Italia si equivoca sulla figura del produttore discografico, che non è un manager. Il produttore discografico è come il regista cinematografico nel cinema, ed è quello che faccio da qualche anno, avendo preso questa scelta e non essendo più interprete in prima linea». Non più in prima linea ma politicamente ha le idee molto chiare... «Sì, Silvio Berlusconi ha tutta la mia stima. Lui saprà fare quello che nessun altro è in grado di fare, ha una marcia in più. Lo sento molto vicino perché noi, spesso, siamo giudicati per quello che non siamo. Di lui, come di me, leggo delle bugie. In Italia sei giudicato per sentito dire, solo chi conosce Berlusconi può apprezzarlo veramente». Che posto ha nel suo cuore l'America? «È sempre stato il mio sogno da bambino: Hollywood, Broadway, Elvis. Un punto d'arrivo che ho avuto la fortuna di raggiungere, incontrando i miei idoli: Kirk Douglas, Gregory Peck, Frank Sinatra, Sammy Davis...». C'è qualche giovane cantante che promette bene... come lei? «Stanno nascendo molti giovani bravi, con grandi potenzialità: per la canzone italiana ci dobbiamo attendere grandi cose dal futuro. Io e Celso Valli ci stiamo occupando di un giovane scoperto dal personal manager Michele Torpedine: si chiama Harry Cifiello, canta in inglese e italiano, è bravissimo».

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