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ALBERTO BEVILACQUA Viaggiatore curioso nell'universo umano

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Sto parlando di "Duetto per Voce Sola", di cui il poeta, nel sottottoilo "versi dell'immedisemazione", già ci da la chiave di lettura per attraversare la mappa tracciata dalle sue emozioni; e della riedizione del "La Polvere sull'Erba" (romanzo scritto poco più che ventenne, ma pubblicato solo nel 2000). Il binomio può apparire casuale, ma non lo è. Chi per azzardo o per curiosità oserà voltare l'ultima pagina del "La Polvere sull'Erba", oltrepassando il punto della fine, scoprirà nelle "Note dell'Autore", una sorta di postfazione in cui si celano e si svelano, gli a-priori che sono gli a-posteriori dell'espressione artistica dell'autore, del suo essere poeta e narratore, e che ben sintetizzano i versi di apertura di "Duetto per Voce Sola": "Esistere solo a patto che esista l'ipotesi che siamo esistiti". Smania di esistere, ma non solo. Esistere per essere voce e portavoce, messaggero e cantastorie, protagonista e spettatore dell'Umana Commedia. E chi meglio di Bevilacqua, che ha attraversato, da viaggiatore curioso e quantomai ardito, mezzo secolo di storia, addentrandosi nella giungla inesplorata dell'animo umano, fino a varcare le soglie del mistero, può farci da guida in un mondo che ha perso le ali, ma che non si rassegna? La pubblicazione dei due volumi, primo e ultimo nato, vogliono essere una lente d'ingrandimento sulla mappa tracciata in quel "viaggio al principio del giorno". Nelle "Note dell'Autore", non a caso, Bevilacqua ci racconta di Mario Colombi Guidotti (a cui, insieme a Leonardo Sciascia, il libro è dedicato) che mandò il suo "doppio" manoscritto del "La Polvere sull'Erba" a Sciascia. Doppio in quanto conteneva, oltre al testo narrativo, anche le cosiddette "Prove d'Autore", "con le quali - spiega Bevilacqua - d'abitudine, preparo il terreno alla stesura del romanzo, scritte a forma di poemetti che già racchiudono le atmosfere e i sintomi dei personaggi e delle vicende. Queste "Prove d'Autore", ricordo, amava leggerle, puntualmente, Federico Fellini, che in un'occasione ne scrisse (nel settimanale "l'Europeo"): "Mi piacciono perché c'è già un ritmo linguistico, sintattico, spinto al massimo grado di sintesi. Sono sezioni di una sensitività, di una fitta poematicità, che anticipano l'animazione e l'anima della prosa. Come quando un violinista saggia le corde dello strumento, prima dell'esecuzione". E furono proprio quelle "Prove d'Autore" che Sciascia, frustrato per non aver potuto pubblicare "La Polvere sull'Erba" - "per le scottanti vicende del Triangolo Rosso o Triangolo della Morte" raccontate nel libro - riuscì a mandare in stampa cercando di consolare il giovane scrittore: "Verrà un giorno che il tuo romanzo, in sé, senza essere preceduto da alcuna "Prova", vedrà la luce". E aveva ragione. Ma dovettero passare quasi cinquant'anni! Dove dunque il fil rouge che si avvolge e si svolge dalla fine al principio, dalla poesia al racconto, in un divenire che è andata e ritorno di un unico sé di un "duetto a due voci"? È nell'"immedesimazione" in sé e fuori di sé che Bevilacqua si perde e si ritrova. Nei suoi personaggi come nelle umanità incontrate sul suo cammino. La "polvere sull'erba" svanisce in un'ultima impennata: "- aliante silenzioso del mio cielo e sbando d'aria e un'ultima folata, che dirti di più? … è questo il punto d'arrivo e insieme l'arrivo da sempre mancato senza più la nitidezza dei profili, dei gesti, una foschia perdere il senso e lo stile del rammarico - non è comunque un addio: ti penserò là dove forse non si usa dove forse non si è nemmeno pensati".

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