Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Tornatore, la mia «Baarìa» in un film epocale

default_image

  • a
  • a
  • a

Quasi un secolo di storia d'Italia si riflette nei 400 metri di Corso Re Umberto e nei 200 metri di viuzze secondarie, tra carrozze e vecchie Topolino grigie. Sei mesi di lavoro continuo di falegnami, marmisti e muratori, per dar vita al set del nuovo film di Giuseppe Tornatore, intitolato "Baarìa, che ripercorre tre generazioni di una famiglia, le loro lotte sociali e politiche, tra amori, tradimenti e amicizie. Un unicum nella storia del cinema italiano, se si pensa che l'area totale del set, sei ettari, è tre volte più grande di quella utilizzata a Cinecittà per "Gangs of New York" di Scorsese. Una scenografia resa ancora più complessa dallo scorrere degli anni, il mercato del pesce è diventato l'ufficio delle Poste, la Topolino ha rimpiazzato le carrozze, e ora siamo alla Seicento con il bar Aurora. Ieri sera c'erano 1600 comparse per la processione di San Giuseppe ed erano stati allestiti i tipici archi luminosi da paese. Mentre sulle locandine del Cinema Vittoria spiccava il vecchio film "Scaramouche" con Stewart Granger. E sul muro alcuni manifesti inneggiavano all'operato di Mario Scelba. La fabbrica di El Anabibe è un autentico work in progress, per un'opera cinematografica di eccezionale maestosità. «Ho rievocato i luoghi della mia infanzia - ha detto ieri con allegria Tornatore sul suo set tunisino -. Ho avuto un'infanzia felice perché sono nato in una famiglia che mi ha permesso d'inseguire le mie utopie e fare questo film è stato per me come giocare. Non ho mai giocato, ho sempre lavorato, fin dall'età di 7 anni: dopo la scuola, andavo a bottega da un falegname, poi nella sala di proiezioni, quella di "Cinema Paradiso", per mantenermi agli studi di fotografia; dopo, ho fatto il documentarista e infine la regia. Sapevo che prima o poi avrei realizzato questo film, però pensavo di farlo tra una decina d'anni. Ma a sorpresa, l'occasione è arrivata ora, grazie a Medusa e al produttore Tarak ben Ammar che credono nel mio progetto. Si potrebbe definire un affresco corale. Ma "Baarìa" è soprattutto una commedia all'italiana, piena di ironia, con una vis comica che si è rafforzata grazie al contributo di tantissimi attori. È un po' il mio Novecento, anche se ho troppo pudore per fare simili accostamenti. La storia è quella di Mannina (l'esordiente Margareth Madè di Pachino) e di Peppino (il bellissimo Francesco Scianna), che vivono il cuore della storia, dagli anni '30 ai '70. Non è un film autobiografico, ma certo è ricco di rievocazioni, è un film personale e, tra nostalgia e malinconia, fa ridere e riflettere. In particolare, ricorda la passione politica e civile che si viveva all'epoca e che per tutti noi è stata qualcosa cosa di molto positivo. Poi, purtroppo e chissà perché, si è trasformata invece in qualcosa di negativo. In Peppino, il protagonista, si fanno strada i valori della giustizia in difesa dei contadini poveri: la sua passione politica lo condurrà a diventare sindacalista e funzionario del Pci e lo spettatore lo seguirà da ventenne fino ai suoi settant'anni. La musica, già da un anno, la sta scrivendo Ennio Morricone, perché a me piace lavorare con il tema musicale in testa. Morricone la sta componendo da quando siamo venuti a Tunisi la prima volta e qui c'era solo una spianata di terra senza nulla. Elemento insolito per una pellicola italiana sarà poi la doppia lingua: il film sarà distribuito nel mondo (dalla Quinta di ben Ammar) nel dialetto di Bagheria e con i sottotitoli; da Reggio Calabria a Bardonecchia, sarà invece dialogato in un italiano sporcato di siciliano». Il vicepresidente e amministratore delegato di Medusa, Giampaolo Letta, ha poi svelato che il film «è costato 20 milioni di euro. Vanta 104 ambienti diversi, la chiesa, con il suo piazzale sul quale si affaccia il Gran Bar, poco più in là i tabacchi, il barbiere e i tipici negozi, come la "carnezzeria" (macelleria). Ci sono 20 mila comparse e 200 attori celebri, tra i quali Monica Bellucci, Beppe e Rosario Fiorello, Lina Sastri, Enrico Lo Verso, Vincenzo Salemme, Leo Gullotta, Nino Frassica, Raoul Bova, Angela Molina, Giorgio Faletti, Salvo Ficarra e tanti altri».

Dai blog