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RACCONTI DA STOCCOLMA, di Anders Nilsson, con Oldoz Javidi, ...

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Il primo esplode in una famiglia di origini mediorentali in cui un padre è così ciecamente severo che quando scopre, o crede di scoprire, una relazione sentimentale con uno svedese di una delle sue figlie,le ordina di uccidersi. Al suo rifiuto, seguito da una fuga, d'intesa anche con la madre non certo migliore di lui, le organizza un tranello che finirà per farla morire. E così con l'altra figlia, appena la vedrà ribellarsi. ma questa volta gli andrà male. Il secondo racconto ha al centro una brava e premiata giornalista, con figli piccoli, vessasata da un marito furiosamante geloso sia di lei sia dei suoi successi. Solo a fatica riuscirà ad uscire da un seguito di angherie orrende. Nel terzo racconto torna in primo piano la violenza, questa volta, però, non in ambiti familiari e senza coinvolgimenti di donne perché ne sono responsabili dei teppisti, con modi da gangsters, che dopo aver pestato a sangue i buttafuori di un club, minacciano rappresaglie terribili ai danni del gestore che, avendo visto tutto, potrebbe testimoniare al processo subito intentato. Anche qui, alla fine, arriverà a una soluzione ottimistica, ma dopo molto patire. Si è fatto carico di rappresentarci questi tre racconti un giovane regista svedese già abbastanza noto, Anders Nilsson, che li ha svolti alternandole di continuo le continue situazioni da cui erano composti, badando a non interrompere con questo la fluidità della narrazione e il disegni via via sempre meglio delineato dei caratteri dei personaggi. V'è riuscito soprattutto nel primo racconto in cui quell'ambiente chiuso e fanatico della famiglia mediorientale è descritto con molta incisività, così come poi sono incise, con realismo duro, le terribili situazioni che fanno procedere aspramente l'azione verso approdi che, in quei frangenti, non ci si aspetterebbe di veder conclusi in positivo. Gli altri due racconti, in vari momenti, rischiano un po' di essere se non didascalici certo solo dimostrativi, con le tesi contro la violenza (e le conseguenti ingiuste sopraffazioni) messe scopertamente in mostra, ma anche con questi limiti il film, nel suo insieme, il suo impatto -molto forte- lo raggiunge. Con il concorso di interpreti adeguati. L'unica nota, in mezzo a loro, in una parte di fianco, è Bibi Andersson. Tornata al cinema dopo gli anni felici di Bergman.

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