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Altra questione, però, sono i temi ambientali, dato che - una volta affrancati da ogni demagogia - vanno riconosciuti come problemi seri. La crisi della piccola burocrazia partitica consolidatosi attorno all'ecologia, insomma, non deve indurci a ignorare tali questioni. Si tratta invece di immaginare un altro ambientalismo; ed è interessante rilevare come di recente l'editoria abbia dato notevole spazio a quell'ecologia di mercato che affronta questi temi senza sacrificare la libertà individuale e il progresso economico sull'altare di una presunta sacralità della natura. Al riguardo è di straordinario interesse il volume degli americani Terry L. Anderson e Donald R. Leal, «L'ecologia di mercato. Una via liberale alla tutela dell'ambiente» (edito da Lindau e in vendita a 28 euro). Impegnati nell'applicazione di soluzioni innovative ai problemi ambientali, gli autori si focalizzano sulla necessità di definire e proteggere titoli di proprietà commerciabili. L'idea di base è che se l'ambiente è di tutti (e quindi di nessuno), mancheranno gli incentivi a prendersene cura. I due studiosi non si limitano allora a mostrare i fallimenti dell'ecologismo, ma al tempo stesso sottolineano l'esigenza di responsabilizzare sempre più i comportamenti dei singoli, usando la proprietà per proteggere la natura stessa. La ricerca illustra molti casi concreti all'interno dei quali si è adottata una logica imprenditoriale ed è proprio dall'esame di queste esperienze che l'ecologia di mercato si rivela uno strumento fondamentale. Per anni, la letteratura liberale sull'ambiente sembrava muoversi soprattutto sulla difensiva: cercando di limitare le conseguenze più nefaste di una propaganda basata su nozioni equivoche come "sviluppo sostenibile", "diritti delle generazioni future" e "principio di precauzione". Lo stesso volume del danese Bjørn Lomborg («L'ambientalista scettico», pubblicato da Mondadori) rappresentava più una dura requisitoria verso ogni allarmismo ingiustificato che non una proposta alternativa. Ma lo studio di Anderson e Leal ci dice che oggi è possibile essere propositivi anche in questioni che fino a poco fa erano veri e propri tabù. Il vento sta insomma davvero girando, a riprova che si più imbrogliare molta gente per un breve periodo di tempo, e anche un piccolo gruppo di persone per molto tempo, ma è difficile che una serie di sciocchezze vengano accettate da un gran numero di persone e per molti anni. In questo senso va segnalato il volume di Henry I. Miller e Gregory Conko, «Il cibo di Frankenstein. La rivoluzione biotecnologica tra politica e protesta» (edito da Lindau e in vendita a 26 euro), in cui i due studiosi dissolvono i pregiudizi che ostacolano l'utilizzo delle biotecnologie in ambito agricolo, impedendoci di trarre beneficio dall'innovazione. Gli autori mostrano quale intreccio di interessi sia schierato a difesa di una demonizzazione (specialmente europea) che frena la ricerca, mantiene alti i prezzi e obbliga a utilizzare ampie estensioni. Quest'ultimo punto è interessante perché rileva come in questo caso - come già nella vicenda della mucca pazza, del bioetanolo, del Ddt e in altri casi simili - siano state proprio le tesi ecologiste a causare problemi rilevanti alla salute e allo stesso rapporto tra uomo e natura. Ma anche sulle questioni energetiche sono ormai le prospettive liberali a rivelarsi meglio in grado di affrontare il futuro. Evidenziando che non saranno il solare o l'eolico a risolvere i nostri problemi, un esperto di questioni energetiche quale Carlo Stagnaro - direttore del dipartimento Energia e ambiente dell'Istituto Bruno Leoni - negli scorsi anni aveva curato un volume («Più energia per tutti. Perché la concorrenza funziona», edito da Leonardo Facco e in vendita a 10 euro) nel quale aveva mostrato come più competizione in tale settore significhi una maggiore efficienza per l'economia nel suo insieme: e come per questo sia necessario non già moltiplicare i vincoli (come vorrebbero gli ecologisti), ma invece rimuovere le barriere all'ingresso, alleggerire la regolamentazione, evitare una tassazione discriminatoria delle fonti. Ora Stagnaro è tornato sul tema con una corposa ricerca, nella quale ha coinvolto un gran numero di esperti. Intitolato «Sicurezza energetica. Petrolio e gas tra mercato, ambiente e geopolitica» (edito da Rubbettino e in vendita a 26 euro) lo studio analizza i problemi dell'energia attraverso tre principali fattori: le politiche economiche, le politiche ambientali e la politica internazionale. Ne deriva una proposta che è un mix di fiducia nella razionalità umana, difesa del mercato, riduzione dei conflitti internazionali (grazie a relazioni politiche improntate alla negoziazione e agli scambi). "Pace e commercio" era la divisa dei liberali fin nell'Amsterdam secentesca, ma può essere uno slogan efficace ancora oggi per affrontare con realismo questioni su cui gli ecologisti verde-rossi hanno davvero ben poco da dire.

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