La maledizione di James Bond corre sul filo della velocità
Prima l'Aston Martin di Daniel Craig è finita nelle acque del lago, l'autista ha perso il controllo ma senza causare feriti gravi: dopo è però stata multata dai vigili italiani. Ma la maledizione non finisce qui. Negli ultimi giorni sono saliti a due gli stuntman rimasti feriti sul set del film. La vettura, stavolta un'Alfa, sarebbe finita prima contro il camion utilizzato per le riprese e poi contro un muro, abbattendolo parzialmente. L'incidente doveva essere solamente simulato, ma uno dei due attori è in gravissime condizioni e l'altro è ferito lievemente. Il brivido è sempre corso sul filo della velocità nei film di Bond e nemmeno nel passato sono mancati incidenti e feriti. Ma cosa non si farebbe per rendere spettacolari le corse delle automobili, indimenticabili quanto pericolose, del mitico Bond. Intramontabile l'Aston Martin DB5, apparsa per la prima volta in "Goldfinger" (1964) con Sean Connery. Come pure la Lotus Esprit subacquea in "La spia che mi amava" (1977), con il miglior Bond della serie interpretata da Roger Moore (che fece in tutto sette film). E lasciava senza fiato anche la fantastica BMW Z3 di "Goldeneye" (1995) con Pierce Brosnan. Ma Bond può vantare di aver guidato persino auto più comuni, come la Citroen 2CV di Roger Moore dal design retrò in "Solo per i tuoi occhi" (1981). Fino alla piccola e rustica Fiat Panda (nel recente "Casino Royale" con Daniel Craig), ma con tanto di frigo-cruscotto segreto: quello dove stanno al fresco la rosa rossa e la bottiglia di champagne Bollinger per sedurre la passeggera dalle curve più generose. E, come le sue migliori antenate, anche la Panda era una fortezza imprendibile e un'alcova inebriante. «Ma lei distrugge ogni veicolo nel quale mette piede?», chiede sbattendo le ciglia la bella Natalia Simonova in "GoldenEye". E Bond, scrutando le sue natiche, risponde: «È la procedura standard». Ma che peccato distruggere quelle meraviglie. L'Aston Martin DB5 collaudata in "Goldfinger" faceva i 232,3 chilometri all'ora e aveva i telefoni nascosti nelle portiere. Bond-Connery accarezzava il bracciolo della poltroncina, dov'erano occultati i comandi, e la macchina diventava viva: targhe ruotanti, mitragliette Browning mimetizzate nei fanalini anteriori, lancia-chiodi che dalla coda sparava ancorette d'acciaio a 4 punte, uno scudo anti-proiettile che balzava su dal cofano posteriore e le lame affilate che uscivano dalle ruote, oltre al radar nello specchietto retrovisore e a quel pulsantino nella leva del cambio: una volta premuto il guidatore si ritrovava sparato nel cielo con tutto il seggiolino. Passano 3 anni ed arriva "Little Nellie", l'auto-elicottero di "Si vive solo due volte" (1967) con Sean Connery che usava il lancia-fumo nella coda e i missili sotto il naso. Poi sgomma la "Wet Nellie", un coupé-sottomarino con periscopio (in "La spia che mi amava" con Moore): poteva seminare mine, spruzzare fango e cemento, o auto-distruggersi. Nel 1987 torna invece la roboante Aston Martin con una V8 che salva Bond (Timothy Dalton in "007 Zona Pericolo") dal Kgb: motore a razzi jet, spara missili o raggi laser e gli sci da neve o da ghiaccio incorporati. La Bmw 750 iL di Bond (Pierce Brosnan in "Il domani non muore mai") aveva sul tettuccio 12 missili cerca-calore per essere telecomandati da lontano con un telefonino, che gli permetteva anche di gonfiare al volo le gomme bucate: ogni ladro era fulminato da una scarica elettrica. Un'altra Bmw, la Z8 di "Il mondo non basta" (con Pierce Brosnan), lanciava invece missili Stinger; e se Bond prendeva troppo veloce una curva, un computer la frenava, riportando l'auto sulla retta via.