Gabriele Antonucci Ogni Festival di Sanremo, oltre ...
Il ruolo di outsider è toccato quest'anno a "Il solito sesso" di Max Gazzè, uno dei nostri cantautori più originali e poetici: il suo brano sanremese è più trasmesso dalle radio, prima ancora di "Colpo di fulmine" del duo vincitore Giò di Tonno-Lola Ponce e de "Il mio amico" di Anna Tatangelo. Gazzè, si apettava tanto successo. «Si è creato nei primi giorni del Festival un grande interesse mediatico intorno ad alcuni artisti, ma si trattava più di gossip che di musica. Quando ho saputo che "Il solito sesso" era il brano più trasmesso dalle radio, sono rimasto sorpreso, non pensavo che fosse un brano radiofonico. È nato in modo casuale, si è presentato in studio mio fratello con un provino e in soli due giorni l'abbiamo sviluppato e presentato alla giuria, poco prima della chiusura delle selezioni. È una canzone surreale, il fatto che parlo in prima persona e non lascio il tempo di replicare alla mia interlocutrice la rende un piccolo cortometraggio». Nonostante il cast fosse equilibrato e di qualità, il Festival ha sofferto un netto calo di ascolti. «Il Festival di Sanremo viene visto da molti solo come spettacolo televisivo, per cui non sempre la qualità musicale paga. Non so dire perché ci sia stato un calo di ascolti, ci possono essere diversi motivi, più in generale è la condizione sociale della musica che è calata negli ultimi anni, non viene più considerata come cultura ma come fenomeno marginale, quasi un hobby». Il nuovo album «Tra l'aratro e la radio», scritto a quattro mani con Jimmy Santucci, tratta temi poco consueti, come quello delle antiche civiltà. «Ho conosciuto Jimmy Santucci davanti alla scuola dei nostri figli, abbiamo così scoperto la comune passione per la storia delle popolazioni antiche e ci siamo ritrovati a parlare davanti a una tazza di tè di questioni tra il fisco e il metafisico. Abbiamo notato diverse affinità tra le più antiche tradizione mistiche orientali e le più moderne implicazioni della fisica quantistica, entrambe deducono che "l'osservatore è la cosa che osserva". Da queste conversazioni, che ho cercato di tradurre nel linguaggio musicale, è nato il nuovo album». Ha diviso spesso il palco con Paola Turci e Marina Rei: com'è nata questa collaborazione? «Mi fa piacere usare la parola alchimia, che nasce da un'integrazione di contesti. Nel momento in cui inizi a suonare con altri musicisti non c'è solo un incontro fisico ma anche spirituale. L'alchimia viene a crearsi quando vedi che le cose si incastrano bene insieme, è un cambiamento simbiotico, non solo individuale, nel quale diventi un tutt'uno con la musica. Con Paola e Marina, inoltre, siamo amici e quando gli impegni ce lo permettono ci frequentiamo e ogni volta è un vero piacere». Cosa c'è nella sua musica degli anni trascorsi in Belgio e in Francia? «È stato un periodo molto creativo, ho suonato per musicisti jazz, componevo musica dance, sono stato anche bassista in un gruppo punk e in un gruppo persiano. Sono a Roma dagli inizi degli anni '90 e quelle esperienze ancora oggi influenzano la mia musica».