Sergio Rubini: "Recitare vuol dire essere sinceri"
Attore e regista, Sergio Rubini, lei, dove è nato? «A Grumo Appula, in provincia di Bari, sono fiero di essere nato in Puglia». E perché ha fatto l'attore? «Ho sempre avuto la passione per la recitazione, ho cominciato con il teatro, a Roma, ho frequentato l'Accademia». Chi le ha trasmesso questa passione? «Sicuramente è stato mio padre, capostazione, ma con un grande amore per il teatro. Mi ha spinto a fare questo mestiere. E non mi sono mai pentito». Ricorda il suo debutto? «Sul grande schermo con "Figlio mio infinitamente caro", era il 1985». Ha avuto molti maestri? «I docenti dell'Accademia d'Arte Drammatica ed importanti registi hanno forse fatto crescere in me il dovere del lavoro. Parlo di Antonio Calenda, Gabriele Lavia e il mio Coltorti». E l'esordio in teatro... «Ho conosciuto Umberto Marino autore e sceneggiatore, un lungo e profondo sodalizio artistico. Al cinema il mio debutto come regista è stato con "La stazione", un film tratto proprio da un'opera teatrale». Qualcuno ha detto: «Dormire è una forma di critica anche a teatro», lei cosa ne pensa? «Lo ha detto Shaw, io a teatro non ho mai dormito. A volte non mi piace quello che vado a vedere, mi arrabbio ma non mi addormento». È un ottimo spettatore? «Sì, credo proprio di sì lo spettatore sia al teatro che al cinema deve partecipare e essere quasi in simbiosi con quello che sta vedendo». «Colpo d'occhio», il suo ultimo film un vero successo... c'è un perché? «È un film che è piaciuto molto al pubblico, la storia di un intreccio, lo spettatore partecipa alla storia semplice e complicata allo stesso modo. E poi il successo di un film è anche il successo dell'intera équipe, attori e operatori e tutto il cast». Un buon rapporto con i suoi genitori? «Assolutamente sì, anche se sono stato un figlio che non seguiva gli insegnamenti dei propri genitori. Mio padre voleva che facessi il teatro, l'ho assecondato ed è stata la mia fortuna. Sono arrivato a Roma e non ho più lasciato questa città stupenda». Legato ancora alla Puglia? «Legatissimo alla mia terra, a quegli odori, a quei sapori alle tradizioni. Cerco di ritornarci spesso». Chi è un buon attore? «Chi sa recitare sinceramente». E un buon autore? «I buoni autori c'erano qualche tempo fa. Oggi è più difficile. L'Italia degli anni Novanta ha regalato a tutti noi ottimi autori che hanno messo in scena ottime cose». L'augurio che fa a se stesso... «Di lavorare sempre, di realizzare buoni film». Tra cinema e teatro ci sarà mai una scelta definitiva? «Il teatro davvero mi ha regalato tante gioie, col teatro ho sentito la cosiddetta chiamata ma ora il cinema mi appassiona davvero tanto».