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Mina, la tigre che sovvertì i costumi musicali e sociali

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Quellodella sua prima incisione, 1958, e l'altro, 1978, relativo al suo definitivo addio al palco. Dunque cinquant'anni dal giorno in cui mise per la prima volta piede in sala d'incisione e trenta dal commiato, mai messo in discussione. Se è vero che la cantante, ancora oggi, ascolta personalmente ogni demo, provino e temi di autori celebri o del tutto ignoti, è altrettanto inconfutabile che rifiuti ogni sorta di evento che abbia il sapore della commemorazione. Staremo a vedere come farà anche stavolta ad evitare a colpi di slalom tutti le richieste che le perverranno. È proverbiale la sua refrattarietà al mito - anche se con il suo prematuro ritiro dalle scene non ha fatto altro che alimentarlo - ma soprattutto la sua abilità nel goderne i benefici, come se ancora si esibisse in pubblico o effettuasse dei tour. Cinquant'anni fa, nell'estate del 1958, la diciottenne Mina Mazzini frequentava "La Bussola", il locale più famoso della Versilia e forse di tutta Italia. Era lì che si esibivano le vedette più celebri, italiane e internazionali, e una sera, a concerto concluso, mentre gli orchestrali stavano riponendo gli strumenti, gli amici la convinsero a salire sul palco. Lei non si fece pregare, agguantò il microfono e cantò un brano di Don Marino Barreto, uno dei suoi idoli. Ci prese gusto. Bruciò le tappe. Tornata a Cremona incontrò gli Happy Boys e debuttò in una balera di Rivarolo il 23 settembre. Un debutto che non passò inosservato. Si accorse di lei Davide Matalon, un giovane e intraprendente discografico che la volle nella sua Italdisc. Prima della fine dell'anno usciva il suo primo disco. Anzi, si trattò di un doppio debutto: "Malatia" (già incisa da Peppino Di Capri) e "Non partir" (della coppia D'Anzi-Bracchi, lanciata da Alberto Rabagliati nel 1940) come Mina e "When" accoppiata a "Be bop a lula" come Baby Gate. Il 1958 avrebbe visto il debutto discografico (che all'epoca voleva dire l'entrata nel professionismo) di artisti quali Adriano Celentano, Little Tony, Giorgio Gaber, Peppino Di Capri. Non meno interessante il trentennale dall'addio. Nell'estate del 1978 Mina accetta di esibirsi alla sua amata "Bussola" del suo amico Sergio Bernardini. Ma i tempi sono cambiati. Ora c'è "Bussoladomani", un teatro-tenda molto più capace, dove il pubblico si accalca come in un concerto rock e dove certo la magia non è più la stessa. La cantante è in forma smagliante, assecondata da una big band con le carte in regola. Nel 1961 giurò che non avrebbe più messo piede a Sanremo. Promessa mantenuta. Ha 38 anni, si sente grassa, pesa 75 chili, in platea c'è suo figlio Massimiliano che la vede cantare dal vivo per la prima volta. Documento di quelle serate sarà "Mina Live '78", pubblicato in dicembre. Con quell'addio scompare la Mina performer per lasciar posto all'immagine della cantante donna matura, amante responsabile, ma anche protettiva, mammona. Purtroppo è l'inizio anche della stagione della pigrizia. Mina non ha un'origine proletaria come Celentano, nasce da una famiglia lombarda di media borghesia benestante. A questa sua origine Mina è sempre stata fedele, sia nel gusto di sovvertire la canzone provincial-contadina e sentimental-religiosa, sia nel narcisismo della ricchezza espressiva conquistata e difesa: questo è il motivo della sua grandezza, ma anche il suo limite.

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