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«La Rai? Non produce cultura»

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Lei che vuole fare? «Una legge quadro sullo spettacolo dal vivo e promuovere le mie proposte sul cinema, sul teatro, sull'opera lirica. Dobbiamo rimediare alla riforma del 2001 del centrosinistra che ha aggravato la situazione». Proposte concrete? «Prima di tutto dobbiamo attuare una verifica dell'efficacia del Fondo unico per lo spettacolo e ridurre sprechi. Poi servono interventi incentivanti ai comparti dello spettacolo e colmare i vuoti normativi. È importante capire che questo campo può essere una risorsa per l'economia, tutela le diversità culturali e nazionali. Penso a un meccanismo d'intesa tra Stato, Regioni, Province, aree metropolitane e Comuni». Qualcosa ha già fatto. «Certo, nella Finanziaria sono stati inseriti due miei articoli, ma ora serve applicarli. È il caso del tax center voluto da me e Willer Bordon che detassa gli utili per poi reinvestirli». Onorevole Carlucci, ma il centrosinistra non ha fatto niente per lo spettacolo in questi anni? «Tutto fumo e niente arrosto». Quindi è possibile riconquistare un elettorato spesso lontano dal Pdl? «Sì lo dimostrano le mie proposte: sono bipartisan». Come si promuovere la cultura in Italia? «Con un sano accesso alla cultura, facendo crescere nuovi talenti e un incentivante coinvolgimento del pubblico». Rai. Fu un mezzo che insegnò all'Italia la nostra lingua. Oggi? «La Rai ha un contratto di servizi che la obbliga a fare attività culturali, ma oggi non lo fa. Ci sono casi isolati come quello di Piero Angela. Il problema della Rai è che non sperimenta, è statica, copia i format dal resto del mondo, non produce cultura». Quindi? «Farei fare un programma di musica lirica con Fiorello, o anche di musica classica. Servono personaggi come lui o Bonolis per non far apparire al pubblico la cultura come una mattonata».

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