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L'imprevedibile scoperta della popolarità

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Forse pregiudizio. Forse il fatto di non appartenere al mondo della canzone di consumo, per quanto consapevole che il Festival si fosse aperto, negli ultimi anni, a prodotti "fuori canone". Non ho mai sentito nelle ginocchia, salendo sul palco, la paura che dicono tutti, in circolo virtuoso di incoscienza e di esuberanza. Solo in qualche momento ho avvertito la pressione di una settimana che regala improvvisa e gratificante popolarità, il piacere effimero di piccoli bagni di folla. Vivrò il viaggio di ritorno portando con me una grande esperienza professionale ma soprattutto un'insperata lezione di vita. Penso al tourbillon delle interviste, degli appuntamenti, il rigore degli orari, che hanno temprato la mia capacità di resistenza e vinto riservatezze, hanno svelato lati della mia persona che non sapevo e non credevo. Penso ai rapporti umani con il mio manager e tutto lo staff, che si sono consolidati sempre più; con i miei amici musicisti e con il direttore d'orchestra, che hanno svelato profonde ed emozionate amicizie. E anche insperate allegrie come quell'episodio occorso sulle scale del retropalco, prima dell'esibizione di Gianni Morandi, che Aragozzini mi ha presentato con queste parole: "Gianni, questo qui è bolscevico come te!". La scenetta è terminata con una sgangherata "Internazionale" cantata a due voci da me e dal bolscevico di Monghidoro, in un'amichevole e liberatoria risata.

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