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La rinascita della radio

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all'insegna dell'ironia e senza censure

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Più tardi, Mussolini comprese l'importanza del nuovo media e fu allora costituita una nuova società la famosa EIAR, che assorbì l'URI. Il 6 Ottobre del 1924 nacque la prima trasmissione radiofonica con la voce di Maria Luisa Boncompagni. Con l'avvento della televisione la radio è stata meno ascoltata e perciò considerata la Cenerentola dei media. E solo dai primi anni del 2000, le trasmissioni radiofoniche hanno ripreso quota e vitalità. Quali sono le cause di questa rinascita? «Negli ultimi cinque anni questo fenomeno è stato riscontrato in tutta Europa - spiega Marcello Del Bosco, direttore di Radio Rai dal 2001 -. Negli anni '70, con l'avvento delle radio libere ci sono stati i primi problemi relativi alle frequenze. Oggi ci sono 400 radio in Italia, di cui 200 emittenti locali e 40 nazionali, il 60 % della gente ascolta la radio in mobilità, vivendo molte ore in macchina o sui posti di lavoro. E se la tv è stata danneggiata dall'avvento di internet, la radio ne ha tratto giovamento». Esistono motivi culturali che fanno preferire la radio ad altri media? «Certo, è un mezzo di comunicazione diretto, è pluralista, parla a tutti, non è sottoposta al duopolio televisivo, usa la parola nella sua semplicità invece dell'immagine che a volte è invadente. Radiouno è leader in tutta Italia con 7 milioni 200 ascoltatori, poi ci sono Radiodue, Radiotre, Isoradio e Gr Parlamento: in tutto ci si avvicina ai 18 milioni di ascoltatori. Ma la radio è penalizzata dalla pubblicità, fagocitata dalla tv, in più del'intero canone pari al 38% a Radio Rai arriva solo il 6%». Perché personaggi noti, come Fiorello, preferiscono la radio? «Perché possono improvvisare e soprattutto non c'è censura». Quante canzoni devono il successo alla radio? «Quasi tutte, comprese quelle di Sanremo: è poi la Siae a registrarne i passaggi per sapere quale è quella più ascoltata. Ma è dal 1958 che non vedo un fenomeno come quello di Modugno: il giorno dopo la sua vittoria a Sanremo tutti la cantavano, dai braccianti del sud agli industriali del nord. Unì le classi sociali e ruppe la tradizione della canzone melodica con un ritmo innovativo, i testi surreali e poetici».

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