Poli: il mio sogno? Fare una commedia
Adesso è impegnata nella tournèe del suo nuovo spettacolo, "Il diario di Eva, o come Darwin ci cacciò dall'Eden", liberamente ispirato agli scritti di Mark Twain e Charles Darwin. «Ho sempre privilegiato il teatro. Fin dall'inizio, quando, nella Roma degli anni '70, scoprii le cantine - ha detto l'attrice -. Capitava magari di prendersi la scabbia, ma anche la voglia di esprimersi e di inventarsi uno stile. Il mondo della comunicazione è cambiato, oggi ci sono molti più linguaggi, ma la vecchia formula di stare dal vivo davanti a un pubblico rimane sempre la base di ogni comunicazione. Certo il teatro viene influenzato dalla tv, da internet, cambia pelle e modi e il pubblico si divide. Ma per fortuna ci sono tante teste, e io parlo ad un pubblico ristretto, oserei dire di qualità». Fare teatro è un po' come fare politica? «Il teatro ha una grande funzione civile, più che politica. Rappresenta la società, parla dell'oggi, anche quando usa i classici. Per questo obbliga a riflettere e, quando non tradisce la sua vera natura, riesce anche a educare. Ho sempre fatto un teatro molto personale, si potrebbe dire "d'autrice", con un po' di presunzione. Ma non ho mai disdegnato le collaborazioni e le lezioni degli altri. Perciò, oltre a scrivere alcuni miei testi e ad elaborare testi letterari di varie autrici straniere (Dorothy Parker, Karen Blixen, Patricia Highsmith, Colette), ho spesso collaborato con autori italiani contemporanei, come Stefano Benni, Ugo Chiti, Lidia Ravera, Valeria Moretti, Ellekappa. Adesso sto portando in scena un testo di Angelo Savelli, che a sua volta si è ispirato a scritti di Twain e Darwin». Lei ha fatto poco cinema: per scelta, per caso o per mancanza di proposte interessanti? «Un po' per tutte queste ragioni messe insieme. All'inizio non ho avuto proposte interessanti e quindi mi sono tuffata con piacere nel mio teatro rifiutando brutti film, così è successo che non mi cercassero più oppure che, anche quando mi cercavano, non risultavo più libera. Ultimamente ho riallacciato i rapporti col cinema e ho conciliato tempi e linguaggi». Avere un altro artista in famiglia, l'ha condizionata? «Il fatto che mio fratello Paolo fosse già famoso quando io ancora studiavo, mi ha allontanato dal teatro, non era il caso di imitarlo. Volevo scrivere, mi sono laureata in filosofia e sono arrivata a Roma, dove ho iniziato scrivevo trasmissioni culturali per la radio. Poi, mi sono appassionata all'avanguardia romana e ci sono cascata! Allora ho dovuto affrontare il rapporto con Paolo con le sue croci e le sue delizie. Abbiamo anche lavorato insieme e ho imparato molto dalla sua straordinaria fantasia e professionalità». Ha un sogno nel cassetto? «L'estate scorsa ho debuttato con uno spettacolo ispirato a un racconto di Durrenmatt, intitolato "Edipo e la Pizia", dove interpreto la mitica e vecchissima sacerdotessa di Delfi, insieme al danzatore Giorgio Rossi, che per l'occasione è diventato Edipo, e tre musicisti. Ora andremo in tournée tra Lazio e Toscana. Il bello del teatro è che ancora si può puntare sulla qualità, spendendo poco. Tuttavia mi piacerebbe fare un'operazione più ambiziosa, magari una commedia con tanti personaggi».