Il piccolo capolavoro sanguinario dei Cohen
Da un bel romanzo di Cormac McCarthy, riscritto privilegiando l'azione sulle riflessioni interiori, un bellissimo film dei fratelli Coen che, pur svolgendosi negli Ottanta, sembra intenzionalmente citare il western, con la differenza che, anziché cawboys e pistoleri, lo percorrono corrieri della droga e gente pronta anche alle peggiori efferatezze per possederla e per spacciarla. La cornice, arida, desolata, desertica, tutta spazi sterminati, è una zona di frontiera fra il Texas e il Messico. Tre personaggi, un modesto cacciatore, un assassino psicopatico, un anziano sceriffo prossimo alla pensione cui si addice il verso di Yeats, "Non è un paese per vecchi", che dà il titolo alla storia. Il cacciatore si imbatte per caso nei postumi di una carneficina, cadaveri, auto fracassate e, all'interno di una di queste, oltre a vari chili di droga, una valigetta con due milioni di dollari. Prende quella e si dà alla fuga, ma ecco che subito lo insegue l'assassino psicopatico pronto a tutto per riavere il suo bottino. Mentre lo sceriffo, coadiuvato da un assistente inesperto, comincia a indagare sulla carneficina. Tutto il resto è l'inseguimento del cacciatore da parte dell'assassino che, ad ogni svolta dell'azione, uccide tutti senza pietà valendosi di una di quelle armi ad aria compressa con cui si abbattono gli animali nei macelli. Un viluppo concitato di ansie e di tensioni. Con il ribrezzo di quegli omicidi che l'assassino commette sempre a sangue freddo, spesso anche a danno di chi, ingenuamente, gli si è parato davanti. Il suo carattere è studiato nei minimi particolari, pur nel vortice di una vicenda che non si concede soste, la sua figura, truccata quasi con segni grotteschi, una capigliatura a casco, un abbigliamento luttuoso, è seguita con cadenze inesorabili, senza lasciare mai spazi attorno a possibilità che qualcuno riesca a farvi fronte. Fino a una conclusione che vedrà vincere solo il male, dopo che verranno versati fiumi di sangue innocente. Tutto nelle cifre di una autentica tragedia, solo qua e là alleggerite da battute di dialogo fra l'umorismo nero e il sarcasmo. Mentre la regia dei fratelli Coen, nei ritmi, nelle immagini, nella voluta assenza di un commento musicale, si impone con lacerazioni incessanti, all'altezza del grande cinema americano di una volta, con citazioni non da ultimo addirittura di certe tensioni spasmodiche di Hitchkock. Climi non dissimili nell'interpretazione. Javier Bardem è un assassino che farà storia, pronto a coltivare un orrore di ghiaccio. Josh Brolin, è il disperato cacciatore che sarà la sua preda. In mezzo Tommy Lee Jones rievoca con autorità lo sconforto dell'anziano sceriffo. Un terzetto prodigo di echi.