A Sanremo si prepara la rivoluzione
E ora questi: "Mettiamo al bando i vertici politici con tutti i loro complici, amici degli amici di chi ha svuotato i conti: incassano tangenti celandosi le fonti e han cappucci e cornetti sulle fronti. Qui si fa la rivoluzione senza alcuna distinzione, sesso, razza o religione: tutti pronti per l'azione". Due canzoni diverse, ma con lo stesso titolo. La prima "Rivoluzione", zuccherosa e cialtrona, è del 1967: la cantavano Gianni Pettenati e Gene Pitney. La seconda, micidiale come uno schizzo di vetriolo, è quella che proporrà al Festival 2008 il rapper Frankie Hi-Nrg: che tra una citazione dei "furbetti del quartierino" e del "plastico di quel villino" (di Cogne) potrebbe rivelarsi il vincitore almeno morale di questa edizione: di certo, il "campione" che farà più discutere (e fischiettare), con le sue mazzate antipolitiche, e in piena campagna elettorale. Per il resto, i big sanremesi puntano sui loro target generazionali. L'invito a non mollare viene da pantere grigie come Little Tony e Toto Cutugno (fiaccati ma non vinti, grazie a Dio, dalle loro vicissitudini sanitarie), ma anche da un ex scavezzacollo reo confesso come Gianluca Grignani. La Bertè fa la Bertè, con un rockaccio in cui sottolinea che "siamo il futuro con le pezze al culo", mentre gli altri si rifugiano nella comoda tana del tema amoroso, compreso quel Fabrizio Moro che rischia l'immagine di cantautore "serio" per offrire una ballata sentimentale alla Vasco. Su tutto, l'eleganza esotica di Sergio Cammariere e l'eccentrica indolenza di Max Gazzè. Di impegno, o quasi, parlano Anna Tatangelo, con un brano costruito per vincere: e la melodia astuta de "Il mio amico" si innesta su una problematica (la legittimità di un rapporto gay) che non mancherà di sollevare polemiche. Gli altri candidati al trionfo, gli eterei Tiromancino di Federico Zampaglione, offrono un pamphlet antilicenziamenti ne "Il Rubacuori", mentre la talentuosa L'Aura urla "Basta!" in nome della pace ed Eugenio Bennato difende il sud del mondo, con i "terroni" e i "milioni di perdenti". Occhio ai giovani: ha stoffa da vendere Valerio Sanzotta, e il suo "Novecento" (una storia d'Italia in salsa dylaniana, dalla Liberazione a Piazza Fontana, passando per Moro Berlinguer e Guido Rossa), è destinato a diventare un possibile "caso" festivaliero: si spera più per la qualità del brano che non per trite speculazioni partitiche dall'esterno. In prima fila anche Rosario Morisco con un "Signorsì" dedicato ai soldati in missione, o i romani La Scelta e la loro vocazione multirazziale. C'è anche amore, ovvio: ancora "diverso" quello di Valeria Veglio e addirittura per la mamma quello di Andrea Bonomo. E lì Sanremo richiude il cerchio, e ritrova se stesso.