di Gianluca Attanasio Fu Papa ...
Le verità della nostra fede ci parlano qui da ogni parte. Da esse il genio umano ha tratto la sua ispirazione impegnandosi a rivestirle di forme di ineguagliabile bellezza». E tanta bellezza continua naturalmente ad affascinare studiosi di tutto il mondo: per analizzare criticamente il genio pittorico e scultoreo di Michelangelo, si è tenuta a Roma, a palazzo Valdina, una giornata-studio dedicata al talento michelangiolesco. Si è partiti dai due volumi pubblicati da Federico Motta Editore «Michelangelo Scultore» (Milano 2005) e «Michelangelo pittore» (Milano 2007) di Cristina Acidini Luchinat, curatrice dell'evento e Soprintendente del Polo Museale Fiorentino. Illustri i nomi degli studiosi intervenuti, tra i quali lo storico dell'arte Antonio Paolucci, nuovo direttore dei Musei Vaticani, ed in passato Ministro dei Beni Culturali. Professor Paolucci, qual è il rapporto del pubblico con il genio Michelangiolesco? «Le persone sono letteralmente abbacinate dall'arte di Michelangelo; sembran mosse da una specie di "attrazione fatale". Così, quando visitano San Pietro, esse si fiondano prima di tutto sulle opere di Michelangelo, bypassando Raffaello». Ce ne può spiegare il motivo? «Le opere di Michelangelo si identificano assai bene con l'odierno individualismo, con il "suprematismo". Con certo "visibilismo" tanto comune alla gente di oggi. Possiamo affermare che a Michelangelo sia mancata soltanto la televisione, i mass media, per coinvolgere ulteriormente il suo pubblico». Da questo punto di vista, Michelangelo risulterebbe un artista munito di una straordinaria capacità imprenditoriale. Un artista contemporaneo. «Senz'altro. Ha costruito lui stesso il proprio personaggio: Michelangelo, per esempio, era uno di quelli che -nella misura in cui ciò fosse realmente vero- "litigava" con i Papi, impegnandosi poi a farlo sapere in giro. Di modo che nella percezione della gente, crescesse questa sua figura di "superuomo", di genio, di antagonista, di duellante. In questo senso Michelangelo è un personaggio moderno. Oserei dire "Pop". E la gente, glielo assicuro, questa sua popolarità l'avverte in modo estremamente forte». In quale contesto storico cresce il talento Michelangiolesco? «In un contesto "eroico" e politico assai particolare, che ad un certo punto egli piega e governa: Michelangelo, infatti, più che farsi guidare dalla storia, ne diventa assoluto protagonista. Tant'è vero che ad un certo momento, la lingua figurativa esclusiva in Europa diventa quella manieristica Michelangiolesca. L'artista ha altresì saputo accrescere la propria popolarità sfruttando al meglio la critica d'arte. Non a caso, il suo critico, Giorgio Vasari, fu il più bravo di tutti. È lui, infatti, che costruisce il mito letterario dell'artista Michelangelo. Tuttavia, questa dominanza assoluta di Michelangelo, a me personalmente dispiace, perché di fatto oscura quello che è stato per me il più grande artista del passato millennio: Raffaello». Gli occhi del pubblico alla vista delle opere di Michelangelo, si riempiono più di curiosità, di meraviglia, o di devozione? «Sono stati d'animo che a mio avviso possono convivere insieme. Per cogliere queste particolari sensazioni, basti ricordare quello che scriveva Goethe nel suo "Viaggio in Italia": ossia che egli non riesce più a guardare la natura perché vorrebbe poterla guardare con occhi grandi come quelli di Michelangelo. Possiamo altresì affermare che la "proiezione titanica" del genio di Michelangelo inizia proprio tra la fine dell'Illuminismo e l'inizio del Romanticismo». Oggi lei dirige i Musei Vaticani. Con quale filosofia affronta questo eccezionale incarico? «Con quella che ritengo sia l'unica democrazia esistente sotto il cielo: la "democrazia dei consumi", anche di quelli culturali. Anni addietro, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che un giorno quattro milioni e mezzo di persone avrebbero visitato durante l'anno i Musei Vaticani, un milione e mezzo gli Uffizi e via dicendo. Questa è una realtà importante che può esser gestita e controllata, solo dopo che ne sia stata compresa l'effettiva natura e l'eccezionale portata». Qual è lo stato di salute dei musei in Italia? «Molto buono. Il museo, in tempi come questi, di quasi totale appiattimento culturale, diventa uno dei pochi luoghi in cui la gente può pensare di ritrovare la propria identità. Anche se poi dai musei molto spesso esce senza aver capito nulla. Il museo, da questo punto di vista, rimane tuttavia un luogo rassicurante e consolatorio». La sua Direzione ha già intrapreso particolari iniziative? «Ho reso attivo un provvedimento voluto dal mio predecessore: il prolungamento degli orari di apertura dei Musei Vaticani sino alle 18. Due ore in più rispetto al passato. E questo non è poco. Adesso stiamo lavorando a dei nuovi progetti, di cui presto darò notizia».