Senza speranza Woody Allen in versione noir
Ancoradelitti per Woody Allen. Questa volta, però, arrivato al suo 38° film, senza nemmeno sorridere. In «Misterioso omicidio a Manhattan», puntava ancora sul comico. In «Crimini e misfatti» e, di recente, in «Match Point», i colpevoli li lasciava impuniti, adesso sembra aver pensato addirittura a Dostoevskij e il delitto lo porta fino alle sue più estreme conseguenze, annientandone i responsabili. Due fratelli. Ancora una volta a Londra, come in «Scoop» e in «Match point». Uno beve, gioca ed è indebitato fino al collo. L'altro, un po' in crisi per certe sue imprese azzardate, vuol fare a tutti i costi bella figura con una attricetta di cui si è innamorato e non ha denaro a sufficienza. Così tutti e due si rivolgono a uno zio ricchissimo, proprietario di ospedali e di alberghi non solo in California ma anche in Cina. Sotto un albero, in un giorno di pioggia, si sentono subito dire di sì, a un patto, però, non proprio piccolissimo: far fuori un tizio che, con la sua testimonianza, finirebbe per spedire in carcere quello zio danaroso e... generoso. I due fratelli sulle prime esitano, sono stati educati da genitori un po' squinternati ma onesti, poi alla sola idea che «dopo» vedranno risolti tutti i loro problemi, si lasciano convincere, soprattutto il secondo. Ma sarà proprio da lì che nasceranno, per loro, dei problemi anche più foschi. Tutto sul nero, fino a cifre che tutt'oggi Woody Allen non aveva ancora raggiunto. In cornici soffocanti, con atmosfere attorno sempre cupe, in una Londra plumbea cui la fotografia accigliata di Vilmos Zsingmond, per la seconda volta con Allen dopo «Melinda e Melinda», aggiunge climi opprimenti ai limiti dell'angoscia, resi anche più funebri e tesi dalle musiche spesso minacciose di Philip Glass. Certo chi si attendeva ancora quelle battute fulminanti che tanto spesso lampeggiavano anche nei film più recenti di Allen rimarrà a bocca asciutta, e così tutti quelli che, pur fra tante ombre, si sarebbero augurati di poter intravvedere anche qualche concessione al sorriso, ma bisogna rassegnarsi, specie dopo aver sentito Allen affermare che sempre più si perde «in una visione pessimistica dell'esistenza» perché per lui ormai «la vita è caos e tragedia». Assecondano abbastanza bene questi suoi nuovi stati d'animo due attori che tendono ad esprimerli nel modo più fedele possibile. Soprattutto lo scozzese Ewan McGregor, capace di studiarsi ed esprimersi con interiorità decisa. Plausibile comunque, al suo fianco, anche l'irlandese Colin Farrel, forse solo un po' più torvo del necessario.