Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Le donne che quattro giorni fa hanno buttato giù il muro di ...

default_image

  • a
  • a
  • a

Non c'è solo la paura di morire. C'è il gas che manca, come la farina e il latte. Come le medicine. È il nuovo embargo di Israele. È la nuova polveriera in una terra di 500 chilometri quadrati, tra le più densamente popolate del mondo. Per questo la gente è tracimata in Egitto. Un'invasione di disperati per comprare generi da mangiare. Gestita da Hamas, che controlla Gaza. E lei, Leila Shahid, antropologa, scelta nel 1989 da Arafat per rappresentare l'Olp a Parigi e ora ambasciatrice dell'Anp alla Commissione Europea, dopo 40 anni ancora deve mediare, smorzare le contrapposizioni (ora con Hamas) e spiegare le ragioni della sua gente al mondo. Lo farà anche oggi in Italia, a Percoto, nelle distillerie della famiglia Nonino, dove riceverà dalle mani di Peter Brook il prestigioso Premio Nonino 2008 «A un maestro del nostro tempo». Perché «si batte integra per il luogo da lei così amato da considerare ogni bambino nato in quel suolo suo figlio». Leila Shahid, sono state proprio le madri con i piccoli in braccio a varcare per prime il confine egiziano. «È significativo: il valico violato dalla figura simbolo della famiglia. Perché sono le famiglie che stanno pagando il tributo pesante delle sanzioni imposte al milione e mezzo di abitanti di Gaza. Israele ha tagliato l'elettricità, interrotto l'arrivo di derrate alimentari inviate dalle Nazioni Unite a una popolazione che per il 69 per cento vive sotto la soglia della povertà. La caduta del muro è il segno di una voglia di vivere più forte della volontà di soffocare Gaza». Ma Hamas ha gestito l'invasione, è sempre di più nel circuito internazionale e ciò allarma Israele. L'embargo di Tel Aviv, poi, è una reazione al lancio dei razzi Qassam. «Hamas non gestisce l'invasione, ne ha approfittato. Un'occasione che Israele ha fornito su un piatto d'argento. Tuttavia il leader di Hamas giovedì a Damasco si è detto pronto a negoziare con gli egiziani, con il primo ministro di Anp Salam Fayyad e con gli europei. Anche per questo l'impegno europeo è importante". Come uscire dall'anarchia pericolosa di questi giorni? «Riaprendo il valico di Rafah, chiuso dagli egiziani unilateralmente dopo il rapimento, nel giugno 2006, del soldato israeliano. Era impossibile nel 2007, quando Hamas ha preso il potere. Ora Fayyad ritiene che si possa fare. Propone di riassumere il controllo delle frontiere svincolandole da Hamas. Rafah tornerebbe il valico per i cittadini, Karme per le merci. Un accordo fra israeliani, europei, l'inviato Tony Blair, gli egiziani e Anp. Se vi si arriva, l'emergenza di queste ore diventerebbe una svolta». Ma questa emergenza potrebbe anche favorire il proselitismo di Al Qaeda. «No. Nella regione Al Qaeda non ha una rete, è un'idea che attecchisce tra gente povera. La collera contro l'occupazione fa proseliti, non il fatto che si possano superare i valichi». Lei è nata a Beirut da profughi palestinesi, ha sposato un marocchino, vive a Bruxelles. Spera di risiedere un giorno in Palestina? «Lo voglio. E a Gerusalemme, la città di mia madre».

Dai blog