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Roma sposa l'arte del '900

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E c'è al mondo una città più bella e affascinante di Roma?». È deciso Roberto Casiraghi nel mettere in fila gli obiettivi dell'attesa «The Road to Contemporary Art» da lui diretta, ambiziosa fiera d'arte contemporanea che si inaugurerà in sei sedi diverse il 27 febbraio per aprirsi al pubblico dal giorno successivo al 2 marzo. E proprio la sfida di dislocare le 54 gallerie partecipanti (di cui una quindicina romane e dieci internazionali) in sei sedi prestigiose invece che in una sola è la maggiore novità della nuova fiera. Le prescelte sono, fra Piazza Colonna e Piazza di Pietra, Palazzo Wedekind, sede del nostro giornale, Palazzo Ferrajoli e il Tempio di Adriano, per poi proseguire con le diverse collocazioni del Complesso monumentale del Santo Spirito in Sassia, di Palazzo Rospigliosi e delle Terme di Diocleziano. «Questa location articolata - ci spiega Casiraghi - è fortemente voluta. In primo luogo perché non vogliamo realizzare semplicemente una fiera e quindi abbiamo fatto a meno di un ambiente fieristico. E poi perché abbiamo l'ambizione di entrare attraverso più porte per stabilire un dialogo più convincente». Il direttore della Road to Contemporary Art insiste su un fatto: «Questo sarà prima di tutto un evento d'arte, con una parte giustamente riservata al mercato ma anche con un cuore culturale, rappresentato dalla mostra "Cose mai viste", curata da Achille Bonito Oliva alle Terme di Diocleziano e dalla rassegna "Incipit" di Palazzo Rospigliosi». Rispetto alle due grandi rivali, le fiere di Bologna e Torino, secondo Casiraghi quella di Roma avrà il suo punto di forza nella bellezza della città ma anche in una filosofia espositiva più curata ed attenta ad un equilibrio fra presenze storiche ed emergenti. Le opere più grandi andranno per ragioni logistiche negli spazi monumentali di Santo Spirito in Sassia mentre quelle di famosi artisti storici ma meno impegnative nelle dimensioni troveranno ampio rilievo, ad esempio, in Palazzo Wedekind. Non mancheranno star dell'arte internazionale come Damien Hirst, Louise Bourgeois, Anselm Kiefer ma anche i protagonisti della nostra Arte Povera, con un posto di spicco per Mario Merz, e poi gli esponenti del migliore informale come Afro e Burri o, ancora, il vulcanico Schifano apprezzato soprattutto per le opere storiche degli anni Sessanta.

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