Bianco e nero, l'amore travolge il razzismo
CristinaComencini si è ormai da tempo imposta fra gli autori più significativi del cinema italiano. L'occhio spesso rivolto, con sensibilità e intelligenza, ai temi della famiglia.Ora con accenti lievi, fra la commedia e l'emozione -"Matrimoni", "Liberate i pesci", "Il più bel giorno della mia vita"- ora con piglio forte e risentito, tra le pieghe dichiarate del dramma; "La bestia nel cuore". Oggi non si allontana da questi temi, ma all'ottica con cui li affronta aggiunge anche, con civilissimo impegno, un'attenzione tutta particolare a un argomento di cui molto si parla anche se il cinema di rado se ne occupa in ambiti familiari, quello del razzismo. Senza drammi, anzi quasi con ricorsi sottili alla commedia, partendo, forte e decisa, da una vera e propria storia d'amore. Si comincia con una coppia, a Roma, Carlo ed Elena, con figli piccoli. Lui si occupa di computer, lei gestisce una organizzazione umanitaria in favore dell'Africa, coadiuvata da un intellettuale senegalese, anch'egli sposato con prole. Ecco adesso che sua moglie, Nadine, incontra Carlo. Un gioco di sguardi, momenti sospesi, attese dominate a lungo, sofferte. Poi l'esplosione, una passione travolgente, sentimentale e sessuale, che li coinvolge entrambi, pur con molte esitazioni e molti complessi di colpa. Scoperti, vedranno inalberarsi i rispettivi coniugi, con drastiche rinunce ad unioni che, evidentemente, messe alla prova non hanno retto. Ci sarà anche, sia per Carlo sia per la stessa Nadine, un tentativo, sofferto, di tornare all'ovile, ma non durerà. Quell'amore li ha vinti e non li lascerà più. Certo, c'è anche molto dolore, con scene furenti, lacrime, accuse, ma, attorno, mentre il problema razziale fa la sua apparizione in modo quasi soltanto allusivo, pur nella sua precisione di cronaca, quell'amore che domina su tutto è rappresentato quasi con levità, smussando gli strappi, pur sempre presenti, e privilegiandovi in mezzo persino l'idea di un sorriso. Grazie anche ad una galleria di personaggi solo in apparenza minori, due madri, un padre, amiche di amici, rappresentati ognuno con il suo colore e il suo segno, specie quando è tra questi che si tende a far emergere il problema del razzismo. Svolto, però, da una sceneggiatura e da una regia che sanno restare delicate anche nei passaggi più incisi, riflessi poi da una recitazione che li esprime con meditata esattezza. Carlo, dimesso, sommesso, dolente ma anche appassionato è Fabio Volo, Elena, non capace di gridare alto ma con misura, è Ambra Angiolini, Nadine è con sensibilità Aïssa Maïga. Non dimentico però, di sfondo, le due madri, Anna Bonaiuto e Katia Ricciarelli. Tra le chiavi del film.