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«Che bello il teatro fratello povero del cinema»

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Insomma, questa piccola-grande donna si è cimentata in vari campi artistici, raggiungendo sempre il plauso del grande pubblico. È solare come sempre, tranquilla e attiva a un tempo, malgrado l'età (86 anni), e una malattia che per chi la conosce, è un vero tormento: il morbo di Parkinson. Quando ha capito che avrebbe voluto fare l'attrice? «In realtà è stato tutto molto casuale. Ho sempre avuto un forte senso dell'ironia, sin da bambina, ma pensavo piuttosto a scrivere. Poi ho pensato che sarebbe stato meglio anche recitare quello che scrivevo: per avere un riscontro immediato del pubblico. Così, quando l'ho detto ai miei sono rimasti perplessi: i genitori sono sempre preoccupati dell'avvenire dei figli. Però devo dire che non mi hanno ostacolata più di tanto. Ho cercato di iscrivermi all'Accademia Nazionale Silvio d'Amico. A quei tempi c'erano selezioni durissime. Così, mi hanno bocciata. Forse perché presentavo all'esame un testo drammatico da Sartre. Ricordo che un promettente allievo si era offerto di farmi da "spalla", si chiamava Tino Buazzelli. Ma questo non servì. Poi è andata come è andata: Alberto Sordi mi ha proposto per un varietà, ho conosciuto Caprioli, e ho iniziato anche con il cinema». Ha fatto cinema, teatro, radio, oltre a regie teatrali e liriche. Come attrice, con quali di questi mezzi si trova più a suo agio? «Con il teatro senz'altro. Il cinema è tanto faticoso: ti devi alzare all'alba, ripetere una scena mille volte. Eppoi è a teatro che un vero attore si sente maggiormente gratificato. Secondo me il teatro è il fratello povero del cinema, ma è più intelligente. È attraverso il teatro che si può stimolare la gente a pensare, è attraverso il teatro che si crea quella magia irripetibile che è lo scambio di energia fra gli attori e il pubblico». Tra il suo pubblico ci sono anche i giovanissimi? «Ho notato di sì. Devo dire che sono fortunata. Non so se si tratta di scelta di testi che comunque attirano la gente, perché parlano di cose attuali. Insomma, i teatri dove ho recitato sino ad ora sono sempre pieni». Se avesse avuto figli, che genitrice sarebbe stata? «Molto severa. Perché credo che i giovani debbano imparare ad affrontare le difficoltà della vita». A che si riferisce? «A quei giovani che volendo recitare, pensano di bruciare le tappe partecipando a qualche reality televisivo, anziché studiare, applicarsi seriamente e con disciplina. Perché anche l'arte, quella vera, comporta studio e serietà: solo così si raggiunge il successo».

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