«Lussuria», l'amore
Si è fatto ispirare da un romanzo di una scrittrice cinese, Bileen Chang, morta negli Stati Uniti qualche anno fa e ci ha dato con «Lussuria», ancora una volta premiato a Venezia con un Leone d'oro, un film teso, commovente, tragico, ma anche visualmente sontuoso, che va degnamente ad aggiungersi ai tanti della sua feconda e fortunata carriera. In Cina, prima a Hong Kong e poi a Shanghai, durante l'occupazione giapponese ai tempi della seconda Guerra Mondiale. Degli studenti, fieri, animosi, ma poco preparati, cercano di organizzare una sorta di resistenza clandestina per contrastare dei compatrioti che, asserviti all'invasore, sono diventati dei collaborazionisti feroci e spietati sullo stesso modello di quelli che, in Europa, erano le S.S. e i loro tristi adepti. Tra questi, il nemico n. 1 è un superpoliziotto, anche a capo di truci servizi segreti, un certo Mr. Yee, che ritengono necessario eliminare: nell'interesse della causa. Per riuscirci (è perennemente circondato e protetto da agenti fedelissimi) pensano, ricorrendo ad uno stratagemma (un'amicizia di copertura con la moglie di lui) di farlo sedurre da una giovane collega che generosamente si presta. Alla fine, però, anche se si dice pronta ad assolvere con ogni mezzo al suo impegno, prova una fortissima attrazione sessuale per l'uomo che doveva invece circuire. Furiosamente ricambiata. Lo salva così dall'attentato che pure aveva concorso a predisporre e, con tutti i suoi, pagherà con la vita. Azione, sentimenti, sesso (anche estremo, anche sfrenato), caratteri forti, un'ambientazione splendidamente rievocata con immagini — nel privato, e in esterni nel pubblico — affidate a un realismo spesso sublimato in pittura. Con quel segno che ha sempre distinto Ang Lee fin dai suoi esordi in Cina e poi a Hollywood, pronto ad ogni svolta a proporsi come stile: di qualità affascinanti, specie da un punto di vista figurativo. La protagonista, Tang Wei, è una esordiente ma, a parte la sua bellezza, sa imporsi dal principio alla fine con un fascino dagli accenti, spesso, allusivi e segreti. Anche quando il suo personaggio si fa travolgere dalla passione. Di fronte a lei il divo più celebre del cinema asiatico, Tony Leung, per una volta in vesti negative. Dominate con asciutto rigore. E quasi con ferocia.