Incanto con Márquez e la Mezzogiorno
Non aveva la grandezza e l'assoluta novità di scrittura di «Cent'anni di solitudine», né gli echi plumbei de «L'autunno del patriarca», ma continuava a riecheggiarne, coinvolgendo, l'opulenta lingua barocca a servizio, questa volta, di una vena romantica insolitamente ottimista. Si ambientava, tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del novecento, in una cittadina colombiana mai nominata ma che era in realtà Cartagena de Indias, ai margini del fiume Magdalena destinato a una navigazione pacifica. Il film di oggi, diretto dall'inglese Mike Newell («Donnie Brasko» con Johnny Depp e Al Pacino, «Quattro matrimoni e un funerale» con Hugh Grant) e scritto dal suo connazionale Ronald Harwood, premio Oscar per «Il pianista» di Polanski, segue abbastanza da vicino lo schema letterario di García Márquez. Si comincia con la morte un pò buffa di Juvenal Urbino che cade da una scaletta per inseguire un pappagallo e al suo funerale si fa incontrare la sua vedova settantantenne, Fermina Daza, con un coetaneo, Florentino Ariza, che la ama in silenzio da «cinquantatrè anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese», dopo una fuggevole e molto contrastata relazione sentimentale quando entrambi erano giovani. Si torna inditro e si segue questa appassionata vicenda amorosa che però si conclude con un matrimonio abbastanza convinto di Fermina con Juvenal, un medico aristocratico che era riuscito a debellare un'epidemia di colera. Da quel momento, due vite lontane e parallele. Con Florentino, pur dedito a continua esperienze sessuali, sempre legato al ricordo giovanile di Fermina. Fino ad una conclusione che riunirà i due, pronti, contro ogni logica, a trascorrere uniti il resto della loro vita su un battello indotto a navigare senza soste sul Magdalena. La sceneggiatura di Harwood riesce a condensare in modo abbastanza essenziale la ricchissima tessitura del romanzo, con una certa fedeltà anche psicologica, la regia di Newell non sembra invece trovare facilmente un suo stile. Dà spazio all'amore, naturalmente, ma sulla vecchiaia e la morte, gli altri due temi enunciati da Márquez, è meno puntuale e fervente, limitandosi a toni spesso didascaliaci. Come nella cornice che, pur ripresa sui luoghi stessi del romanzo, ha sapori quasi soltanto esornativi e di gusto facile. Si seguono meglio gli interpreti, soprattutto la nostra Giovanna Mezzogiorno che per le due età di Fermina trova sempre toni vibranti di fascino. I suoi due uomini sono Xavier Bardem e Benjamin Bratt. Possono convincere.