La «promessa» di Cronenberg tra noir londinese e spy story
Il regista, questa volta, è il canadese David Cronenberg, attivo da anni, e con successo ampio, nel cinema di Hollywood. Sulla base del testo di Knight, parte da una giovane ostetrica inglese, di origini russe, Anna Khitrova, che assiste impotente alla morte di una partoriente ucraina di quattordici anni, vittima, con ogni evidenza, della tratta della bianche dai Paesi dell'Est europeo. Oltre a prendersi cura del neonato, avendo trovato un diario tenuto dalla defunta, si dà a risalire alle origini delle sue disgraziate vicende ma, pur senza immaginarselo prima, si imbatte nei giri loschi di quella mafia, che lì, in un quartiere periferico, tiene le fila di tutto: con crudeltà e con violenza. Il capo è il proprietario di un ristorante, tranquillo in apparenza, addirittura feroce nella realtà. Ha un figlio scapestrato che si vale, per tener mano alle sue gesta, di un autista, anche lui russo, cui lo lega anche un certo sentimento di amicizia. È con questo terzetto che la sventurata Anna finirà per scontrarsi riuscendo sì a trovare il bandolo della matassa che l'angustia ma anche, per il fatto stesso di averlo trovato, mettendo a rischio la propria vita. Con una piccola luce: quando, essendosi incontrato con lei, l'autista-sicario cederà a un sentimento che lo allontanerà dai suoi, presto però costretto, a sua volta, a vendere cara la pelle. Cronenberg, come spesso nel suo cinema, ha mirato alla fisicità: dei corpi, negli scontri, nei contrasti. Dando duro rilievo alle psicologie di tutti, nelle cifre di un nero che ricusa volutamente qualsiasi sfumatura, ma non trascurando, anzi esaltando, una sensualità quasi animalesca che tende, di ognuno, salvo della protagonista, a far quasi dei mostri, guidati dall'istinto anche quando, e allora è il caso del boss nel suo ristorante, riescono ad occultare l'orrore dietro apparenze quasi rispettabili. Con immagini forti, immerse quasi sempre in luci buie, in una Londra periferica che, anche quando in qualche interno si intravede il lusso, domina il degrado. Mentre il segno, in tutti i personaggi legati all'intreccio mafioso, è affidato quasi soltanto all'urlo. Espresso magistralmente dal danese Viggo Mortensen, l'autista, dal tedesco Armin Mueller-Stahl, il boss dal francese Vincent Cassel, suo figlio. Anna con i giusti pallori, è Naomi Watts. I primi tre, nella versione originale, pronti a parlare inglese con l'accento dei russi.