«Il Tempo» in Braille, un passo avanti per la civiltà del nostro Paese

Il pubblico dei lettori non vedenti è vasto e merita attenzione e rispetto: ma l'editoria è spesso troppo concentrata sui bilanci, e disattenta su altri versanti. Ad ogni buon conto, stampare in Braille è impegnativo, ma l'informatica può dare una mano. Come accade in un istituto penitenziario di Bologna, dove i detenuti hanno scannerizzato più di quattromila volumi per convertirli nel linguaggio tattile. Insomma, in Italia si fa molto, per chi non gode del dono della vista, ma non ancora abbastanza. Lo Stato dovrebbe reperire nuove risorse e sensibilizzare maggiormente la comunità. Come accade altrove, in Scandinavia o in Australia, dove non ci si meraviglia di trovare semafori acustici a ogni incrocio. Ma a ben guardare, è il mondo intero a dover tenere il passo dei non vedenti: basta pensare ai grandi produttori di tecnologia. Alcuni programmi per computer ci consentono di «vedere» e interpretare quel che passa sullo schermo del pc, ma quando si parla di telefonini diventa un dramma trovare i tasti o capire cosa propone il display. Questioni che andrebbero affrontate senza indugio: come, nel suo campo, ha fatto «Il Tempo», primo fra tutti. Auguri di cuore.