San Gennaro, anche il tesoro è un miracolo

Poi, nel fumo dell'incenso, nel caldo dei corpi ammassati in Duomo, spicca il fazzoletto bianco sventolato dal nobiluomo vicino al Cardinale. «'O miracolo, 'o miracolo», esulta la folla. E Napoli s'acqueta di nuovo sulle sue speranze e sulle sue sciagure. C'è questa Napoli, questa «colonna sonora» per la mostra che si apre oggi accanto alla Cappella contenente le spoglie del Santo decapitato a Pozzuoli nel 386 per non aver voluto abdicare alla Fede. Si mostrano per la prima volta urbi et orbi i suoi gioielli, quindici oggetti che farebbero girare la testa alla Regina d'Inghilterra. Sono il pezzo forte del Tesoro di San Gennaro, dal 2003 sistemato in museo ma capace finora di esporre solo gli argenti. Nuove sale e fondi (Telecom è lo sponsor) hanno permesso ora al direttore del museo Paolo Iorio e alla Deputazione della Real Cappella (dieci nobili e due popolani, secondo tradizione secolare) di aprire i forzieri che custodiscono i doni di re, papi, uomini illustri ma anche ex voto di povera gente. C'è la collana che assembla in 13 maglie d'oro le croci giunte da Carlo di Borbone e dai Sassonia, da Maria Carolina d'Austria e da Giuseppe Bonaparte, da Vittorio Emanuele di Savoia e dalla duchessa di Casacalenda. C'è la mitra tempestata da 3.700 pietre preziose commissionata nel '700 dalla Deputazione che raccolse tra il popolo e i nobili 20 mila ducati. E il calice regalato da Ferdinando di Borbone, sovrano a dieci anni, quello donato da papa Pio IX, l'ostensorio giunto da Napoleone tramite Gioachino Murat. Ma conta anche la scenografia. Video, audio, effetti luce permettono una full immersion nella Napoli dei vicoli e dei mercati, dei decumani e dei cunicoli. Fino a quella in processione e in attesa, due volte l'anno (agosto e settembre), del prodigio. Ovvia la blindatura per proteggere cotanti preziosi. Anche se Iorio racconta le rassicurazioni avute quattro anni fa da un camorrista di Forcella (tre su cinque fratelli ammazzati): «Venne a visitare il museo prima dell'inaugurazione. Zitto, si guardò intorno. Io tremavo. Magari sta studiando i sistemi d'allarme, pensai. Ma lui sbottò: "Diretto', state tranquillo, o' tesoro è dei napulitane, nun vo tocca nisciuno". Meglio di qualsiasi antifurto». E meglio di Nino Manfredi accanto a Totò in «Operazione San Gennaro» di Dino Risi. Lui il tesoro lo ruba. Anche se chiedendo il permesso al patrono, lassù.